sabato 19 maggio 2007

I sindacati nell’epoca della decadenza imperialista


Presentiamo la traduzione, inviataci dai compagni di Ozieri, dei primi paragrafi di uno degli ultimi scritti di Trotsky intitolato "I sindacati nell’epoca della decadenza imperialista", scritto poco prima della tragica uccisione e rimasto incompleto.



L’integrazione dei sindacati nel potere dello Stato

C’è un aspetto comune nello sviluppo o, più esattamente, nella degenerazione delle organizzazioni sindacali moderne sul piano mondiale: il loro avvicinamento e la loro integrazione nel potere dello stato.
Questo processo è una caratteristica eguale per i sindacati politicamente neutri, per quelli socialdemocratici, comunisti e anarchici. Questo fatto indica, solamente, che la tendenza ad integrarsi nello stato non inerisce solamente a questa o a quella dottrina, ma risulta dalle condizioni sociali comuni a tutti i sindacati.
Il capitalismo monopolistico non è basato sulla concorrenza e sulla iniziativa privata, ma su un comando centrale.
Le cricche capitalistiche, alla testa di possenti trust, di sindacati, di consorzi bancari, etc., controllano la vita economica allo stesso modo del potere statale e, in ogni momento, esse ricorrono alla collaborazione con quest’ultimo. A loro volta i sindacati, nei settori più importanti dell’industria, si trovano privati dalla possibilità di profittare della concorrenza tra le diverse imprese. Essi devono affrontare un avversarioi capitalista centralizzato, intimamente legato al potere statale. Da ciò deriva per i sindacati, nella misura in cui hanno posizioni riformiste – cioè su delle posizioni basate sull’adattamento alla proprietà privata –, la necessità di adattarsi allo stato capitalista e di tentare di cooperare con lui.
Agli occhi della burocrazia del movimento sindacale, il compito essenziale consiste nel “liberare” lo stato dall’impresa capitalista indebolendone la sua dipendenza dai trust per attrarlo verso di lei. Questa attitudine è in piena armonia con la posizione sociale dell’aristocrazia e della burocrazia operaia che combattono per ottenere alcune briciole nella divisione dei sovrapprofitti del capitalismo imperialista.
Nei loro discorsi, i burocrati laburisti fanno tutto il possibili per cercare di provare allo stato – democratico – quanto essi siano degni di fiducia e indispensabili in tempo di pace e ancor di più in tempo di guerra. Attraverso la trasformazione dei sindacati in organismi di stato, il fascismo non inventa niente di nuovo, non fa che portare alle estreme conseguenze tutte le tendenze immanenti al capitalismo.
I paesi coloniali e semi-coloniali non sono sotto la dominazione di un capitalismo indigeno, ma sotto quella dell’imperialismo straniero. Tuttavia, ciò non esclude, ma al contrario rafforza, il bisogno di legami diretti, giornalieri e pratici, tra i magnati del capitalismo e i governi coloniali e semi-coloniali che, nei fatti, dipendono da essi.
Nella misura in cui il capitalismo imperialista crea nei paesi coloniali e semi-coloniali uno strato d’aristocrazia e di burocrazia operaia, questo richiede il sostegno di quei governi come protettori, tutori e talvolta come arbitri.
Ciò costituisce la base sociale più importante del carattere bonapartista e semi-bonapartista dei governi nelle colonie, e in generale nei paesi “arretrati”.
Ciò costituisce ugualmente la base della dipendenza dei sindacati riformisti di fronte allo stato.
In Messico, i sindacati sono stati trasformati dalla legge in istituzioni semistatali e hanno, di conseguenza, acquisito un carattere semitotalitario. La statalizzazione dei sindacati, secondo la concezione dei legislatori, fu introdotta nell’interesse dei lavoratori, con lo scopo di assicurare loro un’influenza nel governo e nell’economia. Ma nella misura in cui il capitalismo imperialista straniero domina lo stato nazionale e dove gli è possibile rovesciare democrazie instabili e di rimpiazzarle con dittature fasciste aperte, in questa misura, la legislazione che si rapporta ai sindacati può facilmente diventare un’arma nelle mani della dittatura imperialista.


Parole d’ordine per l’indipendenza dei sindacati

Da ciò che precede, sembrerebbe facile a prima vista concludere che i sindacati rinuncino ad essere se stessi nell’epoca dell’imperialismo, che lascino quasi più spazio alla democrazia operaia che, nel buon tempo antico, quando il libero scambio dominava nell’arena economica, costituiva il contenuto stesso della vita interna delle organizzazioni operaie. Si potrebbe egualmente ritenere che nell’assenza di democrazia operaia, non si possa dare alcuna battaglia aperta per esercitare un’influenza sui membri del sindacato e che, per questo fatto, l’arena principale del lavoro rivoluzionario all’interno del sindacato scompaia. Una tale posizione sarebbe fondamentalmente falsa. Noi non possiamo scegliere il campo e le condizioni della nostra attività secondo i nostri desideri o avversioni. E’ infinitamente più difficile lottare per influenzare la massa operaia in uno stato totalitario e semi-totalitario che in una democrazia. Questa osservazione vale ugualmente per i sindacati il cui destino riflette l’evoluzione degli stati capitalisti. Ma noi non possiamo rinunciare a lavorare con gli operai in Germania semplicemente perché il regime totalitario rende un tale lavoro sindacale estremamente difficile. Per la stessa ragione , noi non possiamo rinunciare alla lotta nelle organizzazioni delle organizzazioni del lavoro obbligatorio creati dal fascismo. A maggior ragione, noi non possiamo rinunciare ad un lavoro sistematico all’interno dei sindacati di un regime totalitario o semi-totalitario semplicemente perché essi dipendono direttamente o indirettamente dallo stato operaio o perché la burocrazia priva i rivoluzionari della possibilità di lavorare liberamente in questi sindacati. E’ necessario condurre la lotta sotto queste condizioni concrete che sono state create dallo sviluppo precedente, compresi gli errori della classe operaia e i crimini dei suoi capi.
Nei paesi fascisti e semi-fascisti, tutto il lavoro rivoluzionario non può essere che illegale e clandestino. E’ necessario adattare noi stessi alle condizioni concrete esistenti nei sindacati di ogni paese alfine di mobilitare le masse, non solamente contro la borghesia, ma anche contro il regime totalitario regnante negli stessi sindacati e contro i leaders che rafforzano questo regime.
La parola d’ordine essenziale in questa lotta è: indipendenza completa e incondizionata dei sindacati di fronte allo stato capitalista. Ciò significa: lotta per trasformare i sindacati in organi delle masse sfruttate e non organi dell’aristocrazia operaia.
La seconda parola d’ordine è: democrazia nei sindacati.
Questa seconda parola d’ordine deriva direttamente dalla prima e presuppone per la sua realizzazione la più completa libertà dei sindacati di fronte allo stato imperialista o coloniale.
In altri termini, nell’epoca attuale, i sindacati non possono essere semplici organi della democrazia come all’epoca del capitalismo libero-scambista, e essi non possono restare per un lungo tempo politicamente neutri, cioè limitarsi alla difesa quotidiana degli interessi operai. Essi non possono essere più anarchici lungamente , cioè ignorare l’influenza decisiva dello stato sulla vita dei popoli e delle classi.
Essi non possono rimanere ancora per molto tempo riformisti, perché le condizioni obiettive non permettono più riforme serie e durevoli. I sindacati della nostra epoca possono ben servire come strumenti secondari del capitalismo imperialista per subordinare e disciplinare i lavoratori e ostacolare la rivoluzione, oppure al contrario diventare gli strumenti del movimento rivoluzionario del proletariato.
La neutralità dei sindacati è completamente è irrimediabilmente cosa passata e morta con la libera democrazia borghese


Necessità del lavoro nei sindacati

Da ciò che precede, consegue necessariamente che malgrado la degenerazione continua dei sindacati e la loro integrazione progressiva nello stato imperialista, il lavoro all’interno del sindacato non solo non ha perso per nulla la sua importanza, ma resta come prima, e diviene in un certo senso rivoluzionario. La posta in gioco di questo lavoro resta essenzialmente la lotta per influenzare la classe operaia. Ogni organizzazione, ogni partito, ogni frazione che prende una posizione ultimatista riguardo ai sindacati, nei fatti, volta le spalle alla classe operaia, semplicemente perché queste organizzazioni non gli piacciono, è destinata a perire. E bisogna dire che merita questo destino

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