lunedì 30 luglio 2007

Appello alle forze della sinistra olbiese per la mobilitazione in difesa dei lavoratori della Palmera

I padroni della Palmera hanno preso la decisione, al fine di salvare i propri profitti, di chiudere la storica fabbrica olbiese per dislocare la produzione in un altro luogo, mandando a casa più di duecento lavoratori. Nel corso degli anni sono stati vergognosamente mandati in cassintegrazione la metà dei lavoratori dell’azienda, e ora arriva il colpo di grazia definitivo ai posti di lavoro rimasti.
Il Partito Comunista dei Lavoratori non solo si oppone allo smantellamento della fabbrica ma è l’unica organizzazione del fronte della lotta che ha una proposta chiara e distinta: la nazionalizzazione senza indennizzo ai padroni e sotto controllo operaio, l’unica soluzione che salvi i posti di lavoro e reintegri i cassintegrati; ma crediamo anche che la lotta dei lavoratori della Palmera, isolata, non potrà mai vincere. In Sardegna sono tante le fabbriche in crisi e che licenziano, e il caso più vicino è quello della Legler. Crediamo che sia necessario promuovere da subito, come obiettivo immediato, un coordinamento regionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi su una piattaforma unificante di lotta che abbia come capisaldi l’autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi e la soluzione alla crisi nella nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo ai padroni, come abbiamo sempre ribadito.
Pertanto facciamo appello ai lavoratori e a tutte le forze della sinistra olbiese (Rifondazione Comunista, Sinistra Democratica, sindacati, associazioni e movimenti) perché si uniscano nella lotta, ognuno con le proprie posizioni, per difendere gli operai della Palmera e partecipino alla manifestazione dei lavoratori della fabbrica in crisi indetta nella giornata di Mercoledì 1 Agosto, un passo molto importante nella mobilitazione.

La sezione olbiese del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori
30/07/07

martedì 24 luglio 2007

Volantinaggio alla Palmera


Giovedì 26 i militanti delle sezioni di Olbia e Ozieri del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori (mPCL) si recheranno davanti alla Palmera per portare le parole d'ordine dell'occupazione della fabbrica, della nazionalizzazione sotto controllo operaio, l'unica soluzione in grado di salvaguardare il posto di lavoro, e la parola d'ordine del coordinamento regionale delle lotte, per unificarle e vincere. Sarà anche distribuito un volantino dal titolo "Via i padroni e le banche, occupare la Palmera! Si nazionalizzi la fabbrica sotto controllo operaio!" che potete leggere quì sotto.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

VIA I PADRONI E LE BANCHE, OCCUPARE LA PALMERA!
SI NAZIONALIZZI LA FABBRICA SOTTO CONTROLLO OPERAIO!


Per un coordinamento regionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi
Per la nazionalizzazione sotto controllo operaio


Dopo aver fatto perdere il posto di lavoro alla metà dei lavoratori dell’azienda nel corso degli anni, col consenso dei sindacati confederali con la promessa della cosiddetta “ristrutturazione”, i padroni hanno deciso di sferrare il colpo di grazia ai lavoratori: la chiusura della fabbrica, con la perdita del posto di lavoro per gli operai e i lavoratori dell’azienda, e la dislocazione della produzione in un altro luogo, dopo essersi indebitati con le banche che acquisiranno i terreni per venderle al miglior speculatore immobiliare. Tutto ciò dimostra che bisogna abbandonare ogni illusione concertativa di scendere a compromessi (a ribasso) con i vertici aziendali della Palmera; è necessario lanciare, invece, una piattaforma di lotta unificante, che parta dall’occupazione ad oltranza degli stabilimenti, col reintegro di tutti i cassintegrati, per richiedere la nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo ai padroni, l’unica soluzione in grado di salvaguardare il posto di lavoro.
In Sardegna sono innumerevoli le fabbriche in crisi che mettono in cassintegrazione e licenzano e i cui lavoratori sono in procinto di essere vergognosamente mandati a casa senza lavoro. Dopo mesi di lotta, infatti, ha deciso di chiudere anche la Legler, con la perdita del posto di lavoro di 360 operai. Le burocrazie sindacali concertative si dimostrano incapaci di affrontare la situazione e giungono a compromessi a ribasso con i padroni, non unificando e quindi indebolendo le lotte dei lavoratori, com’è successo fino ad ora.
L’isolamento nella lotta produce nella maggior parte dei casi solo sconfitte per i lavoratori, come d’altronde dimostrano i fatti degli ultimi tempi; perciò è necessario promuovere da subito, come obiettivo immediato, un coordinamento regionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi su una piattaforma unificante che abbia come capisaldi l’autorganizzazione democratica dei lavoratori, la determinazione nella lotta e la soluzione della crisi nella nazionalizzazione sotto controllo operaio, senza alcun indennizzo ai padroni, l’unica soluzione in grado di salvaguardare l’occupazione e salvare i lavoratori dalla perdita del posto di lavoro. Esso non è che il primo passo verso l’unificazione di tutte le lotte a livello nazionale. Come militanti del mPCL ci impegneremo a portare questa istanza nei luoghi di lavoro e all’interno dei sindacati, sviluppando una forte battaglia per porre fine alla concertazione. Indicando nella lotta il mezzo per portare avanti le richieste degli operai, rivendichiamo:

· L’IMMEDIATA ISTITUZIONE DI UN COORDINAMENTO DEI LAVORATORI DELLE FABBRICHE IN CRISI, AUTORGANIZZATO DAI LAVORATORI STESSI

· La fine delle politiche concertative e dei compromessi a ribasso per gli operai. OCCUPARE LA PALMERA!

· La nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo ai padroni della Palmera e di tutte le aziende in crisi e cHe licenziano, L’UNICA SOLUZIONE CHE SALVAGUARDI IL POSTO DI LAVORO.

domenica 22 luglio 2007

Via i padroni! Nazionalizzazione della Palmera sotto controllo operaio!

Per un coordinamento regionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi
Per la nazionalizzazione sotto controllo operaio


La sezione olbiese del movimento costitutivo del Partito comunista dei Lavoratori esprime la massima solidarietà e il massimo sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori della Palmera in crisi e alla loro lotta. Il nostro partito denuncia le responsabilità del padronato nella crisi e il carattere concertativo e collaborazionista dei sindacati confederali.
Dopo aver fatto perdere il posto di lavoro alla metà dei lavoratori dell’azienda nel corso degli anni, i padroni hanno deciso di sferrare il colpo di grazia: la chiusura della fabbrica, con la perdita del posto di lavoro per gli operai e i lavoratori dell’azienda, e la dislocazione della produzione in un altro luogo.
In Sardegna sono innumerevoli le fabbriche in crisi che mettono in cassintegrazione e licenzano e i cui lavoratori sono in procinto di essere vergognosamente mandati a casa senza lavoro. Dopo mesi di lotta, infatti, ha deciso di chiudere anche la Legler, con la perdita del posto di lavoro di 360 operai. Le burocrazie sindacali concertative si dimostrano incapaci di affrontare la situazione e giungono a compromessi a ribasso con i padroni, non unificando e quindi indebolendo le lotte dei lavoratori, com’è successo fino ad ora.
L’isolamento nella lotta produce nella maggior parte dei casi solo sconfitte per i lavoratori, come d’altronde dimostrano i fatti degli ultimi tempi; perciò è necessario promuovere da subito, come obiettivo immediato, un coordinamento regionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi su una piattaforma unificante che abbia come capisaldi l’autorganizzazione democratica dei lavoratori, la determinazione nella lotta e la soluzione della crisi nella nazionalizzazione sotto controllo operaio delle fabbriche in crisi, senza alcun indennizzo ai padroni, l’unica soluzione in grado di salvaguardare l’occupazione e salvare i lavoratori dalla perdita del posto di lavoro. Esso non è che il primo passo verso l’unificazione di tutte le lotte a livello nazionale. Come militanti del Partito Comunista dei Lavoratori ci impegneremo a portare questa istanza nei luoghi di lavoro e all’interno della Cgil e nei sindacati di base, sviluppando soprattutto nel primo una forte battaglia per porre fine alla concertazione da parte delle burocrazie riformiste.
Indicando nella lotta il mezzo per portare avanti le richieste degli operai, rivendichiamo:

· L’IMMEDIATA ISTITUZIONE DI UN COORDINAMENTO DEI LAVORATORI DELLE FABBRICHE IN CRISI, AUTORGANIZZATO DAI LAVORATORI STESSI

· LA FINE DELLE POLITICHE CONCERTATIVE E DEI COMPROMESSI A RIBASSO PER GLI OPERAI

· LA NAZIONALIZZAZIONE SOTTO CONTROLLO OPERAIO E SENZA INDENNIZZO AI PADRONI DELLA PALMERA E DI TUTTE LE AZIENDE IN CRISI E CHE LICENZIANO, L’UNICA SOLUZIONE CHE SALVAGUARDI IL POSTO DI LAVORO.

giovedì 19 luglio 2007

La lotta di classe in Pakistan

di Gianfranco Camboni (sezione di Ozieri del mPCL)
.
.
“La conquista del potere da parte del proletariato
non mette fine alla rivoluzione, essa non fa che
inaugurarla.
La costruzione socialista non è concepibile che sul-
la base della lotta di classe nazionale e internazio-
nale.
Questa lotta, data la dominazione decisiva dei rap-
porti capitalisti sull’arena mondiale, condurrà
inevitabilmente a delle eruzioni violente, cioè all’in-
terno delle guerre civili o all’esterno delle guerre ri-
voluzionarie. In questo consiste il carattere perma-
nente della rivoluzione socialista, che si tratti di un
paese arretrato che dovrà compiere la sua rivoluzio-
ne democratica, o di un vecchio paese capitalista che
è già passato attraverso un lungo periodo di demo-
crazia e di parlamentarismo”
Trotsky

La lotta di classe in Pakistan
.
“C’è storicamente un forte sentimento antimericano rafforzato dopo la guerra Afghanistan. Ci sono state numerose manifestazioni di protesta una di70-100 mila persone a Karachi,un’altra di dimensioni simili a Islamabad, e quella di domani a Latore sarà certamente di massa..…Il sentimento antimperialista non si esprime prevalentemente a sinistra a causa dell’arretramento storico della sinistra nel paese e del ruolo disastroso della leadership di Benazir Bhutto…è completamente venduta agli Usa che la utilizzano mandandola al potere quando serve qualcuno per calmare le masse, per poi buttarla via come un limone spremuto quando non serve più. In generale la sinistra si è fortemente indebolita e la maggior parte dei suoi militanti si sono gettati nelle attività delle Ong, che sono attività sostanzialmente affaristiche. Così sono diventati completamente cinici verso i lavoratori e le masse. E’ in questo vuoto che il fondamentalismo si afferma, e che spiega perché ad esempio i partiti islamici nelle regioni confinanti con l’Afghanistan.
Credo però che se il movimento raggiungerà uno sviluppo maggiore, i fondamentalisti no saranno in grado di controllarlo”
[ 2003] .
Così Lal Khan - dirigente di The Struggle (La lotta), sezione pakistana di Tendenza Marxista -caratterizzava lo stato della lotta di classe in Pakistan agli inizi della seconda guerra imperialista all’Iraq. Più avanti verranno esposte delle considerazioni sulla contraddizione che sussiste tra l’analisi fatta da Lal Khan e l’entrismo senza limiti di Tendenza marxista, anche dentro il Partito del popolo. Questo partito, al contrario delle forze islamiste, non chiamò le masse alla mobilitazione contro l’aggressione imperialista all’Irak.
L’approvazione di Benazir Bhutto della strage di Lal Masjid, la Moschea rossa di Islamabad, che accrescerà i consensi verso le forze islamiste, conferma l’analisi del marxista pakistano. Niente esclude che il sanguinario Pervez Musharraf e la casta militare possano aprire un’interlocuzione forte col Patito del popolo in nome “della lotta al terrorismo ed estremismo islamico” per difendere i valori della “laicità”.
La risposta alla strage di Lal Massjid non si è fatta attendere. E’ saltato l’accordo che Musharraf lo scorso settembre aveva stipulato con alcuni capi del Waziristan che impegnava
questi a cacciare via i guerriglieri islamisti non pasthum e a interrompere gli attacchi contro le truppe imperialiste in Afghanistan in cambio di un allentamento della presenza militare pakistana nella zona. Subito dopo la strage nel Nord-Waziristan sono stati attaccati due convogli militari nel Nord-Waziristan e a Matta e un centro di reclutamento della polizia a Dera Ismail Khan, 78 morti. La crisi del Waziristan si aggiunge alle resistenze nazionali nel Kashimir e nel Belucistan.
Dopo le mobilitazioni e le battaglie di strada del marzo di quest’anno, dopo che Musharraf aveva sospeso “per abuso di potere” Iftikhar Mohammad Chaudry, presidente della Corte suprema pakistana, l’apertura del fonte nel Waziristan, dove è sempre più radicata una resistenza militare antimperialista legata alla resistenza nazionale in Afghanistan, acuisce la crisi del regime della casta militare pakistana.
Dalla fine degli anni novanta in Pakistan c’e stata una reazione dei salariati contro la stretta imposta dal Fondo monetario internazionale, di cui Musharraf è il cane da guardia. Lotte contro la privatizzazione del settore delle telecomunicazioni; delle acciaierie, del settore bancario; contro i licenziamenti nella e le esternalizzazioni dei servizi di cucina, officina, di cabina nella compagnia aerea nazionale; contro i tagli dei finanziamenti al fondo delle pensioni pubbliche.
Nel Pakistan si pongono tutti i temi della rivoluzione permanente: la lotta di classe contro la borghesia pakistana, la questione agraria che si combina con le questione delle nazioni oppresse( Kashimir, Belucistan e Waziristan) e la rottura con l’imperialismo. L’attuale forza
dell’islamismo va spiegata con l’assenza di un partito proletario rivoluzionario in grado di esercitare l’egemonia sulle masse contadine che significa affrontare la questione del Kashmir, del Belucistan e del Waziristan con la linea del diritto all’autodecisione e della separazione, di un partito che sia in grado di sfasciare quest’artificiale costruzione statale creata dall’imperialismo inglese. Dati i termini della questione l’islamismo non può essere affrontato con la definizione di islamo-fascismo, definizione cara a tutti i liberali per giustificare il salto di qualità dell’offensiva imperialista dopo la restaurazione del capitalismo in URSS, a cui ha dato una mano il femminismo borghese, che come tutte le ideologie borghesi è astratto e formalistico per nascondere la concretezza storica della lotta di classe, dell’imperialismo e degli effetti politico-culturali dello sviluppo diseguale e combinato.
Sicuramente per le sorti della lotta di classe e antimperialista il rovesciamento del regime nepalese fiduciario dell’imperialismo nepalese sarebbe stato decisivo. Ma, purtroppo la guerriglia maoista guidata da Prachanda in ossequio alla strategia stalinista della rivoluzione a tappe, non ha voluto combinare la guerriglia rurale con le mobilitazioni e le battaglie di strada cittadine e lanciarsi in una lotta per la conquista del potere per passare all’espropriazione della classe dominante e alla liquidazione dell’esercito e di tutti gli apparati repressive, per dar vita a una dittatura rivoluzionaria in grado di esportare la rivoluzione in tutta l’area. Invece i maoisti nepalesi hanno scelto la strada che nello stato italiano fu seguita da Togliatti. Dopo aver intrappolato i maoisti nel governo, l’imperialismo Usa ha fatto slittare le elezioni per l’assemblea costituente agli ultimi mesi di quest’anno e il Nepal è ancora un regno, rafforza le bande della destra induista e prepara un bagno di sangue per i maoisti come avvenne nel 1966 per i comunisti indonesiani. Una dittatura del proletariato rivoluzionario nepalese che espropriasse i latifondisti, che desse la terra ai contadini, che nazionalizzasse il sistema bancario e il limitato settore industriale, che si ponesse come punto di riferimento per la lotta contro l’imperialismo, non solo avrebbe messo un argine alle forze islamiste ma avrebbe dato un contributo considerevole alla rivoluzione politica antiburocratica in Cina.
Ci auguriamo che il proletariato rivoluzionario del Pakistan riservi a Musharraf lo stesso destino che gli operai rivoluzionari riservarono a Mussolini.
Anche dalla lotta di classe in Pakistan emerge la questione fondamentale della nostra epoca: la costruzione del partito della rivoluzione socialista mondiale non in prospettiva ma come compito immediato:
“L’opportunismo, che vive coscientemente sotto il giogo dell’epoca passata, è incline a sottovalutare l’importanza del partito e della direzione rivoluzionaria…la tendenza opportunista è intervenuta seguendo una linea che contava troppo direttamente sulle ‘masse’, negando il problema del ‘vertice’ della direzione rivoluzionaria. Sul piano teorico generale, questo modo di procedere è falso e nell’epoca imperialista appare funesto” ( Trotsky).

Gian Franco Camboni sez.Ozieri-PCL 19/07/0/07

Basta il rinnovo di un assessorato per far zittire il gruppo dirigente sardo del PRC sul presidenzialismo di Renato Soru.

L’alternativa e’ il Partito Comunista dei Lavoratori

In linea con la direzione centrale del PRC, che in cambio della presidenza della camera dei deputati e di diversi posti di sottogoverno viene meno,anche, ai suoi velleitari propositi di essere il “presidio del programma dell’Unione”, anche alla direzione sarda del PRC basta poco per venir meno ai suoi velleitari propositi di critica alla controriforma presidenzialista dello statuto regionale: la riconferma di un assessorato per fare gli agenti della borghesia.
Anche l’opportunismo dei dirigenti del PRC affonda le sue radici, come più in generale delle direzioni socialdemocratiche, staliniste e poststaliniste, nei privilegi di quel settore della classe dei salariati che in cambio delle briciole concesse loro dall’imperialismo lo sostengono.
L’opportunismo si manifesta nell’abbandono di alcuni principi del socialismo scientifico - che sono validi per tutta l’epoca delle rivoluzioni sociali, fino all’abbattimento del modo di produzione capitalista su scala planetaria – in nome di un presunto realismo politico o di chissà quali modificazioni strutturali del capitalismo che periodicamente vengono enfatizzate.
Al V congresso dell’Internazionale operaia socialista, più nota come II Internazionale, il dirigente socialista francese Jules Guesde presentò una mozione contraria alla partecipazione dei socialisti a ogni governo borghese, anche a quello più democratico:
“il quinto congresso internazionale, riunito a Parigi, ricorda che, per conquista dei poteri pubblici bisogna intendere l’espropriazione politica della classe capitalistica, che questa espropriazione si verifichi pacificamente o violentemente. Essa non lascia posto di conseguenza, in regime borghese, che all’occupazione delle posizioni elettive di cui il partito abbia potuto impadronirsi con le sue proprie forze, cioè dei lavoratori organizzati in partito di classe, e vieta necessariamente ogni partecipazione socialista ai governi borghesi, contro i quali i socialisti devono restare allo stato di opposizione irriducibile”.
Da quando le direzioni del movimento operaio hanno abbandonato questa strada, la loro storia è stata ed è quella di una progressiva degenerazione politica e morale ( di certo, il moralismo da grigio funzionario di partito proprio di E. Berlinguer non fu un antidoto; e fu contraddittorio esibire “le mani pulite” e adottare la politica “delle larghe intese” con la DC negli enti locali, politica con cui si fecero le ossa i vari Gavino Angius e Renato Cugini, tanto per citare dei nomi noti).
Il PSI, il primo partito operaio nello stato italiano che seppe rifiutare gli inviti di Giovanni Giolitti, il “ministro della malavita”, ha concluso la sua esistenza nelle aule dei tribunali. Il PCI- PDS-DS ha coronato il suo sogno governista con la merda del caso Unipol-Consorte e gli abboccamenti con i “furbetti del quartiere”.
L’antidoto a questa degenerazione non è costituito da quella vasta schiera di individui che confondono il tempo della loro esistenza individuale con il tempo delle epoche storiche e di conseguenza confondono sconfitte parziali, peraltro previste, con sconfitte epocali. Coloro che avevano identificato lo stato operaio degenerato e gli stati operai deformati con la dittatura del proletariato rivoluzionario e che dal mito di Stalin, o in scala minore di Togliatti, passavano a quello di Mao e che oggi perdono la testa per Chavez o per la mitologia del “socialismo del XXI”, sono andati e andranno incontro a verifiche brucianti. Invece di rivedere le loro mitologie, passano dalla depressione all’accettazione dell’esistente, oppure si fanno sostenitori di una “sinistra senza aggettivi”, che pure un democratico rivoluzionario del XIX sec. considererebbe esangue e priva di nervi.
Alla lunga e maleficiente agonia del capitalismo si può metter fine costruendo l’internazionale e i partiti del proletariato rivoluzionario. Oggi, come ai tempi di Lenin, di Trotsky e di Gramsci, questa costruzione passa attraverso una lotta inflessibile contro gli opportunisti, gli scettici, i depressi e i minimalisti che non conoscono alcun limite al minimo.

PS. Subito dopo la stesura di questo testo, abbiamo appreso dai telegiornali che il ministro Emma Bonino aveva presentato le dimissioni. Questo fatto contribuisce a rafforzare la tesi della caduta a sinistra del governo Prodi. Non si può lasciare alla Destra il vantaggio di far cadere il governo dell’Unione.





Sezione provinciale di Sassari-Partito Comunista dei Lavoratori 16/O7/07

PERCHE' ADERIRE AL PROGETTO DEL

PER UNA SINISTRA CHE NON TRADISCA, ALTERNATIVA A PRODI E A BERLUSCONI

Come Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori, veniamo dalla rottura con Fausto Bertinotti e con Rifondazione Comunista nel momento stesso del loro ingresso nel governo Prodi. Assieme al nostro compagno Marco Ferrando non abbiamo accettato il baratto delle ragioni dei lavoratori con qualche ministero, sottosegretariato, Presidenza della Camera. In questa scelta sta la sostanza nel nuovo partito che vogliamo costruire, in totale rottura con decenni di trasformismo della sinistra italiana.

Ogni volta i gruppi dirigenti della sinistra hanno finito con usare le lotte dei lavoratori e dei movimenti per stringere compromessi con i loro avversari, sulla loro pelle.
Fu così con il compromesso storico tra P.C.I. e D.C. negli anni 70, che iniziò la svendita delle conquiste del 68. Fu così negli anni 90 quando i grandi scioperi a difesa delle pensioni contro Berlusconi furono svenduti dal PDS al governo Dini, che massacrò le pensioni. E' così oggi: dove i grandi movimenti di lotta per cacciare Berlusconi sono stati piegati ad un governo Prodi che ripropone, in forme diverse, le stesse politiche di Berlusconi... con il voto di tutta la sinistra governativa (Bertinotti in testa). E ieri come oggi, il tradimento dei lavoratori produce frustrazione, passività, abbandono e spiana la strada alla rimonta delle destre. Poi, ogni volta, si ricomincia da capo.

Ecco, noi vogliamo rompere con questa spirale infernale. Vogliamo costruire, semplicemente, una sinistra che non tradisca. Una sinistra che abbia come proprio obbiettivo non quello di raccattare qualche poltrona di governo o sottogoverno a braccetto con gli avversari dei lavoratori e in subordine ai loro programmi. Ma che voglia davvero costruire un altra società libera dal dominio del capitalismo e del profitto: e che per questo stia sempre, sino in fondo e senza riserve, dalla parte dei lavoratori e di tutti gli oppressi.

BASTA "SACRIFICI". PAGHI CHI NON HA MAI PAGATO

In primo luogo diciamo" Basta sacrifici" per i lavoratori, i giovani, i disoccupati, i pensionati. Sono 15 anni che centro destra e centro sinistra chiedono sacrifici alla grandi masse popolari (su salari, pensioni, diritti, servizi sociali...). Sono 15 anni che i sindacati e tutte le sinistre finiscono col negoziare sacrifici, promettendo ogni volta che "saranno gli ultimi" e che "servono ai giovani". E' tutta ipocrisia. 15 anni di sacrifici hanno colpito innanzitutto proprio le giovani generazioni a esclusivo vantaggio di giganteschi profitti ed enormi ricchezze. Ora basta. Ora vogliamo una sinistra che rifiuti di trattare sul programma del padronato e vari finalmente un programma di lotta dei lavoratori, per i lavoratori, e sotto il loro controllo.
Chiediamo un forte aumento di salari e stipendi, perché non si può vivere (quando va bene) con 1000 euro al mese.
Chiediamo l'abolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro che ricattano milioni di giovani e impediscono loro di costruirsi un'esistenza degna.
Chiediamo il ritorno ad una previdenza pubblica a ripartizione, che ripristini pensioni certe e adeguate per chi ha lavorato una vita.
Chiediamo un forte aumento della spese sociali per la sanità pubblica, la scuola pubblica, l'università , falcidiate dai tagli di tutte le leggi finanziarie.

Obbiettivi "impossibili" perchè "mancano i soldi"? E' falso.
Si taglino le enormi spese militari( 21milardi di euro annuali).
Si ritirino le missioni coloniali e di guerra (che costano milioni di euro ogni giorno).
Si tassino gli enormi profitti delle grandi imprese e delle grandi banche (oltre 40milardi netti nel solo 2005 per le prime 20 imprese)
Si abbattano gli scandalosi stipendi di deputati e senatori (14mila euro netti mensili, più infiniti privilegi)
Si aboliscano i privilegi fiscali del clero, a partire dall'esenzione di I.V.A. e di I.C.I. (6 miloni di euro evasi legalmente ogni anno).
Si colpisca davvero l'evasione fiscale legale ed illegale dei grandi gruppi economici (decine di miliardi l'anno)
Si nazionalizzino (senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori) le aziende in crisi, le grandi imprese e le grandi banche - a tutela di tanti posti di lavoro- invece che continuare a finanziare le loro ristrutturazioni antioperaie.
E le enormi risorse che così si risparmieranno potranno essere trasferite a salari, pensioni, sanità, scuola, trasporti, energie alternative, riassetto del territorio, edilizia pubblica...).
Ecco, vogliamo una sinistra che sappia affermare, contro corrente, questa verità in contrapposizione a centro destra e centro sinistra. E sappia unire i lavoratori attorno a questo programma indipendente di mobilitazione: non per "partecipare", ma per vincere.

PER LA DEMOCRAZIA DEI LAVORATORI E NON DEI BANCHIERI

E' vero: l'intera organizzazione della società attuale è incompatibile con questo elementare programma di giustizia. Ma è una ragione per rinunciare a questo programma o per mettere in discussione l'attuale società?
Ci dicono che siamo in "democrazia". E' falso. In questa società capitalista il potere reale si concentra nelle mani di una piccola minoranza di grandi capitalisti e di banchieri che controllano tutte le leve dell'economia e della vita pubblica (fabbriche, trasporti, stampa, televisioni...) . Che posseggono di fatto persino le case degli italiani , grazie a mutui usurai, e le loro pensioni, sempre più privatizzate. Che ricevono dallo Stato ogni anno montagne di denaro pubblico (pagato da lavoratori e contribuenti), con cui tra l'altro si "comprano" i principali partiti e i loro governi, siano essi di centro destra o di centro sinistra: come dimostrano le relazioni familiari di ministri e dirigenti politici di diverso colore con banchieri, faccendieri, grandi burocrati di stato, generali, in un walzer di giochi di cordata e di guerre di potere; in cui i Prodi i Berlusconi i D'Alema si incontrano o si scontrano, a seconda dei casi , non sulla base di "valori" , ma unicamente di affari e interessi di clan. Il tutto mentre ai lavoratori si chiedono..."sacrifici", nel nome dell'etica pubblica e dell' "interesse nazionale". E' questa dunque la decantata "democrazia"?
Ecco; vogliamo una sinistra che sappia denunciare questa truffa e lottare per un democrazia vera: in cui siano i lavoratori e la maggioranza della società a controllare le leve dell'economia e a definire le sue scelte di indirizzo, non più in base al profitto di pochi ma alla esigenze della società stessa. In cui i rappresentati eletti dei lavoratori e del popolo siano permanentemente revocabili e privi finalmente di ogni privilegio. In cui il potere politico non sia più un corpo separato e avversario, ma l'espressione diretta della maggioranza e della sua autorganizzazione democratica.

PER UN ALTRO ORDINE DEL MONDO. LIBERATO DAL CAPITALISMO

Era questo il programma originario del comunismo prima che venisse stravolto dallo stalinismo. Noi crediamo che quel programma sia oggi più attuale di ieri non solo in Italia, ma nel mondo. Di più: crediamo sia l'unica alternativa globale al dilagare della miseria, al disastro ecologico annunciato, al saccheggio di interi continenti, al ritorno delle guerre coloniali, alle grandi migrazioni dalla fame e dalla morte, tutti effetti della logica perversa del profitto e della barbarie del capitalismo. In caso contrario il futuro delle giovani generazioni sarà molto peggiore del loro presente.
L'alternativa socialista e' un utopia? Niente affatto. L'idea che l'umanità possa decidere del proprio destino - e non i banchieri, le multinazionali, e i loro stati contro l'umanità stessa- è in fondo l'idea più ragionevole che esista. Folle semmai è la società capitalista . Ma i lavoratori e la maggioranaa della società hanno la forza per costruire un mondo finalmente ragionevole e libero da ogni oppressione(sociale, sessuale,nazionale)? Si, i lavoratori e la maggioranza dell'umanità possiedono una forza immensa: devono solo prenderne coscienza contro l'abitudine alla rassegnazione e il peso di tante delusioni.
Ecco , vogliamo una sinistra che in Italia e nel mondo sappia costruire controcorrente tra le classi subalterne la coscienza della necessità e della possibilità di una rivoluzione liberatrice. Collegando le lotte quotidiane alla prospettiva di una vera alternativa di società.
Il progetto del Partito Comunista dei Lavoratori, che avvierà in autunno il proprio congresso fondativo vuole dare vita a questa sinistra nuova. Se vuoi sostenere questo progetto, aderisci al nostro movimento per costruire insieme il nuovo partito.

LETTERA APERTA AI MILITANTI ED ISCRITTI DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

DOPO UN ANNO DI GOVERNO PRODI, S’IMPONE UN BILANCIO.
COSTRUIAMO INSIEME, SU PRINCIPI CHIARI,
IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


Cari compagni,
prima della nostra rottura col PRC, nel momento del suo ingresso al governo ( 2006), abbiamo insieme condiviso una lunga esperienza comune di partito. Consentiteci dunque un richiamo alla comune memoria.

Quando, in piena stagione dei “movimenti” (2001), denunciammo la prospettiva governista della direzione del partito, ci si rispose (anche da dirigenti del PRC oggi “critici”) che si trattava di nostre fantasie. Quando, dal 2004, di fronte a una svolta governista ormai annunciata, dicemmo che l’ingresso al governo avrebbe rappresentato la svendita di lavoratori e movimenti al capitalismo italiano, ci si rispose con sufficienza o irrisione.
Ora parlano i fatti. Ora, dopo un anno di governo Prodi, non noi ma milioni di lavoratori e di giovani hanno sperimentato sulla propria pelle la verità di quelle previsioni.
Sono i lavoratori e i movimenti che dopo anni di lotte comuni per cacciare Berlusconi, si sono visti riproporre le politiche di Berlusconi con il voto di Rifondazione Comunista. Che, increduli, hanno visto il “proprio” partito votare sacrifici per gli operai e 10 miliardi di euro per i padroni (altro che “pianto dei ricchi”!); approvare il finanziamento della guerra in Afghanistan e la missione in Libano in compagnia di Fini; giungere a lodare la Folgore come “vetrina” umanitaria e di pace; accettare di fatto l’ampliamento della base di Vicenza, il varo della Tav, l’archiviazione dei Dico ( mugugni a parte ); accettare la promozione di De Gennaro ai vertici del ministero degli interni; e infine coprire i vertici CGIL nel negoziato a perdere sulle pensioni…E tutto questo per cosa? Per un ministero, qualche sottosegretariato e soprattutto una Presidenza della Camera. E’ triste, ma è l’amara verità.

E’ un caso se milioni di lavoratori e di giovani hanno scelto per la prima volta l’astensione alle urne? Se a Roma la Piazza del Popolo del 9 giugno, che voleva evitare ogni critica a Prodi, è andata deserta, a fronte della grande manifestazione di opposizione alla politica estera del governo che il PRC sostiene? Nei fatti una parte rilevante del popolo della sinistra e dei movimenti abbandona non solo ogni illusione nel governo “amico” ma anche ogni fiducia nella sinistra che lo appoggia.

E voi? Sappiamo che molti di voi non condividono la politica del PRC ed anzi manifestano un crescente sconcerto e amarezza. E noi portiamo un rispetto profondo per questa sofferenza politica autentica. Ma ora ci pare giunto per tutti i comunisti coerenti il momento della responsabilità di una scelta
Il gruppo dirigente del vostro partito ha scelto.
Dopo un anno di compromissione governativa con gli (intimi) amici dei banchieri e delle grandi imprese, ha scelto l’approdo naturale del proprio percorso: la progressiva fusione con la sinistra DS e il PDCI di Diliberto in una comune sinistra del centrosinistra; cioè in una sinistra di governo dell’alternanza. Al posto della Rifondazione comunista, ormai liquidata, subentra la rifondazione di una sinistra indistinta “senza aggettivi”: nei fatti di una socialdemocrazia, come strumento di controllo e moderazione dei movimenti in funzione del compromesso col Partito Democratico e i poteri forti. Il battesimo della “Sinistra Europea” è l’inizio dei funerali del PRC, indipendentemente dai tempi e dalle forme della cerimonia funebre.Il fatto che pretendano il vostro “entusiasmo” per queste esequie è solo l’ennesima ipocrisia: pari a quella che un anno fa vi chiedeva l”’entusiasmo” per l’ingresso nel governo Prodi, contro Progetto Comunista e il “settario” Marco Ferrando.

La domanda allora è semplice: potete voi subire passivamente quest’esito? Potete accettare di essere usati, ancora una volta, per fini estranei alla vostra storia e alle vostre lotte?
Tutti gli argomenti formalmente avanzati a difesa della permanenza nel PRC sono crollati. La “verifica” del governo Prodi è ormai compiuta. I redditi dei lavoratori sono stati colpiti. I profitti padronali sono alle stelle. Berlusconi e le destre rimontano. Gli elettori disertano le urne. I movimenti contestano il partito.
Il fallimento di una politica è consumato. La morte del partito è persino annunciata. La stessa democrazia interna è ridotta sempre più a un simulacro vuoto, tra espulsioni e intimidazioni. Mentre il nuovo corso governativo e la nuova prospettiva di socialdemocrazia attraggono verso il partito a diversi livelli un nuovo stuolo di trasformisti e carrieristi provenienti dalle istituzioni o dalla burocrazia sindacale, con un’ ulteriore involuzione della costituzione materiale del PRC.
Oltretutto la grande maggioranza dei dirigenti delle minoranze interne dell’ultimo congresso (Essere comunisti) ha totalmente capitolato a Bertinotti-Giordano in cambio di ruoli istituzionali votandone tutte le scelte politiche di fondo (missioni di guerra, finanziaria, espulsioni). Mentre i dirigenti di “Sinistra Critica”, dopo aver anch’essi votato missioni militari (luglio 2006) e legge finanziaria (dicembre2006), restano come sempre nell’ eterno limbo dell’indecisione : con un piede dentro il PRC e uno fuori, con un piede nelle manifestazioni di opposizione e un piede nell’”appoggio esterno” ( !) al governo. Senza mai indicare scelte nette e prospettive chiare.

Qual è dunque una sola ragione per i comunisti per rimanere nel PRC? Dove stanno al suo interno spazi, strumenti, riferimenti per un’azione di contrasto della sua deriva ? E in ogni caso: per i comunisti la fedeltà ai lavoratori e alle ragioni dei movimenti non implica forse la rottura con un partito che li tradisce?

Al tempo stesso il problema non è solo rompere con quel partito, ma costruire una prospettiva nuova che tragga tutte le lezioni della disfatta del PRC. Una prospettiva che motivi (o rimotivi) quelle migliaia di militanti, attivisti di movimento, compagni senza partito o di altri partiti, che non vogliono arrendersi alla liquidazione di fatto e di nome di una autonoma rappresentanza di classe e anticapitalistica in Italia . E’ la prospettiva che ci siamo dati col Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori .
E’ una scelta impegnativa ma coerente.
Di fronte a una maggioranza DS che si unifica con la Margherita per costruire il Partito Democratico della grande borghesia; di fronte alla scelta di Giordano, Diliberto e Mussi di costruire una socialdemocrazia di governo a braccetto del Partito Democratico, è necessaria un’alternativa di fondo, organica e chiara. Non servono aggregazioni leggere senza progetto o cartelli elettorali senza futuro: serve un partito di classe indipendente che si candidi a rappresentare le ragioni del movimento operaio. Un partito di chiara opposizione a centrodestra e centrosinistra; impegnato a difendere l’autonomia dei movimenti e unificare le loro rivendicazioni; capace di legare le lotte quotidiane ad una prospettiva anticapitalistica, nazionale e internazionale; capace per questo di radicamento sociale e di memoria storica. Un partito aperto a tutti i militanti critici e attivisti di movimento, indipendentemente dalle diversità di provenienze e di percorsi. E al tempo stesso rigoroso sui principi: perché non vogliamo 15 anni dopo ripercorrere la parabola di Rifondazione, nata all’ opposizione e finita ministeriale. Né vogliamo rimuovere dietro la semplificazione ideologica dell”’unità dei comunisti” l’esigenza di un bilancio reale del 900 e dello stalinismo. Vogliamo insomma rompere davvero con la tradizione storica del trasformismo.

Un anno fa rompemmo col PRC , nel momento stesso del suo ingresso in un governo confindustriale, per costruire questa prospettiva. In questo anno abbiamo visto confermate tutte le ragioni di quella scelta. Abbiamo esteso e radicato la nostra presenza su scala nazionale, nei movimenti di lotta e sul territorio. Abbiamo organizzato attorno a noi tanti compagni ed energie, altrimenti dispersi. E in autunno daremo il via al Congresso fondativo del nuovo partito, sulla base di principi chiari, e a seguito di un’ampia riflessione sui temi rimossi della Rifondazione Comunista.

Vi proponiamo di aderire al nostro movimento per fondare e costruire insieme questo partito, per costruire insieme la storia nuova di una sinistra che non tradisca. Se non ora, quando?
Disponibili per ogni occasione di approfondimento e confronto su questo progetto, vi porgiamo i più fraterni saluti comunisti.

giovedì 12 luglio 2007

Volantino del mPCL sullo sciopero generale del 13 Luglio

BASTA SACRIFICI.
PER UN' ALTERNATIVA DEI LAVORATORI

Il movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori sostiene l'azione di sciopero generale promossa da Cub e SDl per il 13 Luglio e invita i lavoratori ad aderirvi.
Un governo di centrosinistra che ha regalato al padronato 5 miliardi di euro con l'ultima finanziaria pretende di elevare l'età pensionabile, in nome di "ragioni di cassa". E' provocatorio e inaccettabile. Tanto più inaccettabile è la volgare ipocrisia di chi ( Prodi, D'Alema, Veltroni, Rutelli) sbandiera il cosiddetto "futuro dei giovani": i quali in realtà sono proprio le vittime di quella controriforma pensionistica contributiva che nel 95 (governo Dini) ha abbattuto del 40% le loro future pensioni e che oggi si vuole ulteriormente inasprire. L'unico vero interesse che centrosinistra e centrodestra vogliono tutelare è quello delle grandi imprese e delle banche, oggi come ieri uniche beneficiarie dell'abbattimento della previdenza pubblica e dei cosiddetti "risparmi" sulla pelle dei lavoratori.
E' ora di dire basta all'ennesimo negoziato a perdere che direzioni sindacali e sinistre di governo( PRC, PDCI, SD)- dopo aver sostenuto una finanziaria da 35 miliardi- stanno conducendo attorno all'elevamento dell'età pensionabile (con l'unica preoccupazione di indorarla e mascherarla agli occhi del mondo del lavoro).
Nessun sacrificio è più tollerabile, a vantaggio delle imprese e delle banche. Tanto più se a chiedere nuovi sacrifici è una classe dirigente che nuota nell'oro di profitti e rendite giganteschi, lucrati sullo sfruttamento dei lavoratori e garantiti dai principali partiti di governo, di centrodestra e centrosinistra: partiti che sono sul libro paga delle aziende, affogano in corruttele e scandali, fanno affari quotidiani con le banche e loro scalate.
E' ora di voltare pagina. In pensione si deve potere andare a 57 anni e 35 di contributi, senza un solo giorno in più. Va ripristinata una previdenza pubblica a ripartizione che garantisca pensioni dignitose. Vanno abolite le leggi di precarizzazione del lavoro , che rovinano i giovani e colpiscano la previdenza. Quanto "ai soldi necessari", si prendano finalmente là dove sono: nei 21 miliardi di euro per le spese militari, nei grandi profitti, rendite e patrimoni, negli scandalosi privilegi parlamentari , nell' enorme evasione fiscale , legale e illegale, del grande capitale( e della Chiesa).
E' necessario raccogliere queste rivendicazioni unificanti in una piattaforma generale di lotta interamente basata sulle ragioni indipendenti dl mondo del lavoro, sostenuta da tutte le forze disponibili del movimento operaio.
E'ora di lottare per un'alternativa dei lavoratori. Perchè solo un governo dei lavoratori, di aperta rottura con la società capitalista, può liberarci da ogni forma di sfruttamento e oppressione.
Con queste posizioni ci impegniamo a sostenere ovunque lo sciopero del 13 luglio.

sabato 7 luglio 2007

Successo della petizione del mPCL tra i lavoratori della Novafloor e della Technova

Il 6 Luglio i militanti della sezione olbiese del mPCL si sono recati davanti ai cancelli delle fabbriche Novafloor e Technova per presentare la petizione nazionale “Giù le mani da Tfr e pensioni”, indirizzata ai sindacati concertativi e ai partiti della sinistra socialdemocratica di governo, nell’ottica della costruzione del polo autonomo di classe. Le parole d’ordine del mPCL hanno suscitato un grande interesse tra gli operai che si sentono traditi dalle loro organizzazioni tradizionali. Dopo la breve scenata del padrone il quale, preoccupato, ci ha attaccati verbalmente davanti ai cancelli della fabbrica chiamando i suoi operai “fannulloni” e “pezzenti”, la rabbia operaia contro i governi della borghesia, contro i padroni, contro lo scippo del Tfr e l’aumento dell’età pensionabile ha sostenuto la nostra petizione e sono state raccolte numerose firme. La voce di un partito dalla parte dei lavoratori fuori dai cancelli delle fabbriche è stata diffusa ai lavoratori all’interno da parte di quelli che entravano per il turno successivo, cosicché i lavoratori uscenti sono venuti entusiasti a firmare spontaneamente la petizione e a parlare con noi. La sensazione generale degli operai è stata il fatto di non sentirsi più soli e abbandonati, ma di avere la speranza di una direzione che rappresenti i loro interessi. Alcuni operai ci hanno espresso il loro rancore nei confronti della direzione dell’azienda, la quale fa lavorare gli operai della Technova in condizioni insopportabili, ad una temperatura dell’edificio di 38 gradi con l’80% di umidità; un operaio ci parla di “condizioni da inizi del novecento”! Ma in molti di loro è entrata la convinzione di non essere più soli grazie alle nostre parole d’ordine portate davanti alle fabbriche. Ciò indica la nostra giustezza dei principi e della tattica di fronte unico, orientata verso la conquista della maggioranza dei lavoratori alla causa dell’emancipazione della classe operaia dal giogo del capitale. Abbiamo preso contatti con alcuni lavoratori che hanno dimostrato un particolare interesse nei confronti del mPCL e presto torneremo e ci mobiliteremo a difesa dei diritti degli operai calpestati dal padronato dell’azienda. Anche in un recente volantinaggio fatto davanti ai cancelli della Palmera in crisi la nostra petizione è stata firmata da numerosi operai, e la nostra parola d’ordine della nazionalizzazione dell’azienda in crisi, sotto controllo operaio e senza indennizzo ai padroni, ha suscitato l’interesse di molti lavoratori. Tutto questo dimostra che solo una direzione marxista rivoluzionaria è in grado di conquistare la maggioranza dei lavoratori unificando le loro lotte in una prospettiva anticapitalista.
mPCL - Sezione di Olbia

domenica 1 luglio 2007

Contro gli oscurantisti e volgari omofobici presenti nel consiglio comunale di Sassari.

di Gianfranco Camboni (sezione ozierese del mPCL)

“E per verità, la natura si vede esser fornita di tale potenza, e gli effetti di quella esser così vari e molteplici….”. Giacomo Leopardi, in quel capolavoro di letteratura materialista, Il dialogo fra Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez, difendeva, di fronte alle metafisiche spiritualiste del cattolicesimo e del romanticismo imperanti durante la Restaurazione , la lezione filosofica dei risultati delle scienze naturali:la natura si mostra in continuo movimento e in una infinità di trasformazioni e guai a fissare limiti assoluti alla sua produzione continua. La negazione di questo risultato, di questa verità costituisce l’elemento comune a tutte le ideologie oscurantiste. La persecuzione dei cristiani nell’impero romano, i pogrom nell’Europa occidentale e orientale, il genocidio in America latina, il genocidio degli ebrei europei, degli zingari e degli omossessuali operato dai nazifascisti e lo sterminio imperialista in Iraq e Afghanistan sono la realizzazione pratica di questo elemento comune a tutte le ideologie oscurantiste il cui fine è quello di conservare il potere alla classe che lo detiene.
Gli oscurantisti ripetono da sempre che nella natura, in generale, e nella società umana, in particolare, esistono forme immutabili, fisse e tutto ciò che fuoriesce da questo sistema di forme assolute è una mostruosità, una devianza da combattere con ogni mezzo. Niente è più falso di questa negazione.
La regima delle formiche del genere Pogonomyrmex deve accoppiarsi con due tipi di maschi per produrre sia degli individui riproduttori sia le operaie. Se una regina si accoppia con un maschio del suo stesso ceppo genera regine, mentre se si accoppia con un maschio dell’altro ceppo nascono operaie. Il commento di Jonh Whitfield a questi comportamenti è il seguente:“quindi, perché una colonia funzioni, la colonia stessa ( e le regine che produce, poiché le operaie allevano le regine) devono avere una madre e due padri. E se uno qualsiasi di questi gruppi scomparisse, l’intera popolazione si estinguerebbe, a differenza che per i funghi nei quali, come è facile immaginare, se anche qualche tipo sessuale scomparisse la specie sopraviverebbe”( “Il gioco dei sessi accende l’evoluzione”, Darwin-bimestrale di Scienze,n° 3-2004). Sempre nello stesso articolo viene riportata un’interessante osservazione del biologo Joel Parker dell’ Università di Losanna “Pogonomyrmex ha quattro sessi: i maschi e le femmine di ciascun ceppo. L’idea è particolarmente efficace se si considera la colonia di insetti sociali come un ‘superorganismo’, in cui le operaie sono l’equivalente delle cellule somatiche. E’ come se una femmina si accoppiasse con un maschio per produrre le cellule somatiche della sua progenie e con un altro per produrre le cellule germinali”. Al contrario delle visioni catastrofiche che ogni oscurantista immagina quando si trova di fronte a ciò che fuoriesce dai confini del loro limitatissimo orizzonte conoscitivo, questo gioco dei sessi delle formiche Pogonomyrmex riproduce da milioni di anni questa comunità vivente.
Nel volume di 750 pagine, Biological Exuberance (Animal homosexuality and Natural Diversity, 2006), di Bruce Bagemihl, biologo e ricercatore della British Columbia University, vengono elencati e analizzati i comportamenti omossessuali, transessuali e bissessuali di oltre 300 specie di soli mammiferi e uccelli. Questo volume è uno dei risultati della decisione presa dalla XXIV Conferenza Etologica Internazionale che dichiarò, solennemente, l’omossessualità delle altre specie animali un legittimo campo di ricerca. Questo avanzamento della ricerca sul comportamento di ciò che è vivente è stato reso possibile dall’importante decisione presa, nel 1973, dall’American Psychiatric Association, che decise di togliere l’omossessualità dalla lista delle malattie mentali del manuale di psicopatologia diagnostica Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. Oggi l’omossessualità dalla scienza viene definita “una delle espressioni dell’orientamento sessuale, che si esprime in attrazione sentimentale e sessuale tra individui dello stesso sesso biologico”. Già all’inizio del XX sec. si iniziò a prendere in considerazione l’idea di un’analisi scientifica dell’omossessualità, e il primo passo in questa direzione è quello di ricercare dati osservativi e produrre statistiche. A ciò dedicò un suo lavoro il sessuologo e militante omossessuale Magnus Hirscfeld che da un questionario fatto circolare tra studenti ottenne una stima una persona omossessuale su cento. Alfred Kinsey, perseguitato dagli oscurantisti degli Usa, nel suo Rapporto del 1947 ottenne un valore del 5%. Kinsey nelle sue interviste adottò il criterio del materialismo storico ( non sappiamo se consapevolmente o inconsapevolmente) di catalogare gli individui non in base a ciò che dichiaravano di essere ma in base alle esperienze che fanno ( per i fondatori del materialismo storico gli individui, la loro società e la dialettica storica vanno spiegati non come “possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente”- L’Ideologia tedesca).
Dal punto di vista della teoria della selezione naturale, cioè dal punto di vista della scienza del vivente e della sua storia, l’omossessualità pone un dilemma, la cui soluzione arricchirà notevolmente la conoscenza su noi stessi e sul vivente in generale: “Il dilemma darwiniano si interroga sul perché l’omossessualità – un carattere che agisce negativamente sul punto su cui l’evoluzione è più sensibile, la riproduzione – non sia stata eliminata dalla selezione naturale ma al contrario continui ad essere mantenuta nella popolazione” (Anastasia Scotto, Darwin n° 18-2007). La natura, la materia vivente, che l’intelligenza limitata, meschina e crudele degli oscurantisti si rappresenta a sua immagine e somiglianza, è ricca, varia, molteplice e creativa.
Senza i tirannicidi Armodio e Aristogitone non avremo avuto i versi libertari e antirannici di Holderlin : “Niente è v’è ancora sulla terra di più sovrano della mutua sottomissione di una coppia superba come questa”. Oppure la poesia di Walt Whitman, cantore della democrazia americana nella guerra civile contro i razzisti del sud: “Renderò le città inseparabili, con le braccia l’una al collo dell’altra dei camerati, con il virile amore dei camerati”( per camerati il poeta intende intende i soldati dell’Unione che si battevano contro il sud razzista) Whitman, nel 1879, era dell’opinione che la democrazia americana fosse stretta dalla “ morsa sempre più insidiosa del capitale del capitale” e che “la questione che oggi più urge, che produce conseguenze vastissime anche per il futuro, non è quella astratta della democrazia, ma quella dell’organizzazione sociale ed economica, del trattamento dei lavoratori da parte degli imprenditori e di tutto ciò che vi si connette…Se anche gli Stati uniti, come i paese del vecchio mondo, hanno da crescere un immenso gregge di gente povera, disperata, scontenta, nomade, miseramente retribuita, quale la vediamo oscuramente sovrastarci in questi ultimi anni – divorata, implacabilmente seppur lentamente, come da un cancro allo stomaco o ai polmoni – vuol dire allora che il nostro esperimento repubblicano, nonostante tutte le apparenti vittorie, non è, in fondo, che un fallimento malsano”( citato in Alienazione e utopia in Lessing di Luciano Parinetto 1934-2001). Withman ha visto giusto.
Omofobia, oscurantismo antiscientifico e sfruttamento capitalista procedono insieme. In questi ultimi giorni il criminale di guerra Bush, accolto festosamente dal baciapile Prodi, ha messo il veto per la terza volta per bloccare i finanziamenti alla ricerca sulle cellule staminali di origine embrionale. “Gli Stati uniti sono una nazione fondata sul principio che ogni vita umana è sacra. E la nostra coscienza ci chiama a esplorare le possibilità di una scienza che rispetti la dignità umana e in accordo con i nostri valori morali” , ha dichiarato il macellaio di iracheni e afgani. Gli ha fatto eco, la “democratica”, presidente della Camera dei rappresentanti , Nancy Pelosy, adeguandosi all’oscurantismo religioso, come l’italiano Rutelli : “La scienza è un dono di Dio per noi tutti e la scienza ci ha condotto a un orientamento biblico quanto al suo potere di guarire. E ciò vale anche per la ricerca delle cellule staminali provenienti dall’embrione”. Un inciso, molti compagni di Marx ed Engels combatterono e morirono nella guerra civile americana contro i razzisti della Confederazione.
Contro l’omofobia e l’oscurantismo va condotta una lotta senza tregua, essendo consapevoli che la liberazione sessuale può avvenire solo con il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo perché il comunismo è “l’umanizzazione della natura e la naturalizzazione dell’uomo”( Karl Marx).
Gian Franco Camboni sez. Ozieri-PCL