mercoledì 22 agosto 2007

Come impedire l’organizzazione del G8 in Sardegna

Il governo Prodi e la giunta Soru hanno pensato di organizzare il G8 a La Maddalena molto probabilmente avendo in mente due scopi: primo, organizzando il vertice in un isola, nell’Isola, hanno la possibilità di impedire la partecipazione di massa alle contromanifestazioni che accompagnano tradizionalmente il vertice ottenendo l’immagine di un fallimento.
Secondo, in qualità d’agente, il primo, e di lacchè e socio il secondo, della borghesia continentale, ed in ossequio alla sua mentalità colonialista, hanno pensato che la Sardegna sarebbe stata una bella vetrina dove esibire il Gotha degli sfruttatori mondiali. Oltretutto per Soru, date le relazioni economiche di Tiscali a livello europeo, è questa un’occasione da non perdere per tesserne di nuove o rafforzare quelle vecchie “facendo buona impressione” ai capi di stato degli 8 Paesi più industrializzati del mondo. Sempre “ in nome dell’interesse dei sardi “ s’intende.
Soru ha rivelato ancora una volta la sua vera natura non perdendo temo ad offrire la sua candidatura a gestire una delle più bieche operazioni coloniali: l’organizzazione del G8 e le lucrose speculazioni che ne seguono.
Come potranno giustificare ora le “anime belle” del centro sinistra questo padrone - che colmo di debiti ha visto nella sua elezione a presidente della regione Sarda l’ancora di salvezza - e che si era presentato, con la sua retorica fatta di banalità miste ad autoritarismo padronale, come il paladino della " sardità " e della rinascita della Sardegna dal colonialismo. Con che coraggio potranno difenderlo di fronte all’industria sarda agonizzante ed ai lavoratori della Palmera o della Legler che lottano per salvare le fabbriche?
Il nostro obiettivo per ciò, prima d’ogni altra cosa, deve essere far fallire il tentativo di svolgere il vertice del G8 in Sardegna. Dare per scontato che esso comunque si farà, significa dare ad intendere a Prodi, a Soru ai padroni nostrani e del pianeta che essi hanno già vinto, e che potranno giocare a fare i democratici permettendo all’opposizione sociale di esprimersi nella solita manifestazione di rito. Non possiamo permetterci di consegnare un’ennesima sconfitta alla gioventù lavoratrice. Di creare nuovi motivi di frustrazione, di resa, di confusione per le giovani avanguardie. Di allargare anziché recuperare il distacco con la gioventù lavoratrice. In questo i teorici ed i dirigenti del cosiddetto Movimento dei movimenti sono stati dei maestri.
I primo luogo hanno presentato quello che è un movimento molto limitato - rispetto alle enormi esplosioni di massa dei decenni precedenti - riflesso della frammentazione, della confusione e disorganizzazione politica seguite alla sconfitte della classe operaia e, di conseguenza, al mutamento dei rapporti di forza e di egemonia di essa sulla società, come la nuova forma assunta dalla lotta di classe, e non come il risultato di un suo arretramento.
Le conseguenze di questo modo di pensare ed agire opportunista, leggero ed approssimativo si sono pagate a Genova nel 2001 dove una giovane avanguardia è stata mandata del tutto impreparata a farsi pestare a sangue o a farsi ammazzare. Non si può venire a dire che i dirigenti del movimento dei movimenti, data loro presenza e legami anche ai più alti livelli delle istituzioni, non avessero elementi, informazioni o anche solo il sentore di quello che sarebbe successo. Basta ricordare il precedente di Napoli, il ruolo svolto dal governo di centrosinistra e dal ministro Amato (era dell’interno? correggi tu) nel pianificare il G8 di Genova, il carattere, le minacce e la campagna terroristica del governo Berlusconi.
Inoltre dobbiamo chiederci, a maggior ragione oggi, dato il legame, e visti i ricatti che questi “teorici” e dirigenti subiscono dal “governo amico”, quale coerenza e disponibilità metteranno nel raggiungere il successo nella lotta? La stessa che hanno mostrato votando il ri-finanziamento alla missione in Afghanistan o alla nuova missione in Libano? O la fiducia al governo sulla finanziaria? O quando si tratterà di impedire la controriforma delle pensioni o il mantenimento della legge 30?
Questi in realtà hanno già ceduto. Lo si può leggere in tutti quei discorsi in cui si parla di appelli a Soru per fare marcia in dietro, o in cui si dà già per scontato che non si possa impedire la realizzazione del vertice.
Noi riteniamo che il vertice si possa impedire solo con la mobilitazione di massa dei lavoratori sardi ed in primo luogo della gioventù lavoratrice sarda. Come hanno dimostrato le mobilitazioni di massa per la difesa dell’articolo 18 e contro la guerra del 2003, il ruolo della classe dei salariati resta sempre quello dirimente. E se quelle mobilitazioni gigantesche non hanno portato, contro il sentimento generale, alla caduta di Berlusconi ed al ritiro delle truppe italiane è stato solo per il freno volutamente imposto dalle burocrazie sindacali e dai dirigenti del centro sinistra (tutti compresi dalla Margherita alla “sinistra radicale”).
Per sperare di suscitare una mobilitazione o anche solo il sostegno dei lavoratori sardi e della gioventù contro la realizzazione del G8 è indispensabile dotarsi, senza perdere altro tempo, di:
- una struttura il più possibile capillare fatta di comitati locali nei luoghi di lavoro (fabbriche – privilegiando quelle dove gia sono vertenze in corso-, RSU, cantieri, scuole ecc.) nei sindacati, nei comuni.
- un programma di agitazione e rivendicazione politico-economica che ci deve aiutare a legare la condizione di oppressione economica nei luoghi di lavoro (in particolare dei giovani) con le rivendicazioni generali. Si deve partire ad esempio con una presenza nelle fabbriche a settembre con sit-in di fronte ai cancelli per discutere con i lavoratori dei loro problemi, proporre iniziative comuni di lotta, raccogliere sottoscrizioni, spiegare la necessità di impedire il G8.
Come si può conquistare la gioventù lavoratrice dell’edilizia, impiegata nei cantieri della costa che verrà ingannata con la prospettiva di nuovo lavoro per la realizzazione delle infrastrutture del G8, e su cui si cercherà di fare leva per creare un consenso di massa, senza un piano economico alternativo? Lo stesso dicasi dei disoccupati o dei lavoratori saltuari o precari.
Proponiamo, per questi motivi, la costituzioni ovunque sia possibile, di comitati organizzativi provinciali, (di primissima importanza è quello di Olbia data la sua collocazione strategica).
Questi C.O. potrebbero essere costituiti da un delegato per ogni organizzazione politica, associazione, sindacato, o gruppo aderente. Devono avere la funzione di direzione politica ed organizzativa per l’area territoriale competente. Devono coordinarsi tra loro. Devono costituire al proprio interno un comitato esecutivo (C.E.) che si occupi della gestione pratica dell’attività organizzativa ( rapporti con la stampa, raccolta fondi, rapporti con gli apparati, coordinamento tra i comitati ecc.), e che deve fornire un resoconto periodico e dettagliato sull’andamento della campagna di agitazione al C.O.
Il C.O. tramite il suo organismo esecutivo deve promuovere al più presto la costituzione di comitati di agitazione nei luoghi di lavoro ( fabbriche, cantieri, scuole ecc.) e nei comuni, in cui ci sia almeno un volontario, o siano in corso vertenze ( Palmera e Legler, ad esempio). I/le militanti giovani, studenti, disoccupati o lavoratori saltuari, sono i primi che, data la maggiore disponibilità di tempo, la preparazione teorica e le riserve di energie che derivano dalla età, devono essere impiegati nel lavoro di organizzazione e di agitazione.
Siamo ancora in tempo per impedire che il vertice si realizzi. Ma se anche questo non riuscisse, perché il tempo dovesse rivelarsi insufficiente, o per la disorganizzazione, saremo comunque riusciti ad insufflare una ventata di energia vitale e di coscienza politica nella classe lavoratrice sarda, a far maturare la sua coscienza anticapitalistica, insomma a porre basi più solide per vincere le lotte immediatamente successive.
Contro il disfattismo, la depressione, la faciloneria e l’opportunismo da morti viventi, le nostre vele maestre devono essere l’organizzazione, l’agitazione quotidiana per conquistare la gioventù lavoratrice.
Sezione provinciale di Sassari del McPCL.

giovedì 16 agosto 2007

La vittoria o la pace?

L’abbaglio che R. Rossanda ha preso riguardo le dichiarazioni di Prodi su Hamas, dipende dall’aver assunto “la pace” come obiettivo per la questione palestinese . La pace si fa dopo una guerra e i suoi contenuti sono definiti dai vincitori; da autentica pacifista, Rossanda lo dimentica. Ecco perché prende un abbaglio.
Al contrario chi ha come obiettivo la disfatta dell’imperialismo vede l’iniziativa di Prodi per quello che è: far prendere lucciole per lanterne alla sinistra e rimettere in riga gli organizzatori della manifestazione del 20 ottobre, che vedrà la fine dell’ingraismo.
Buona parte della sinistra europea rischia di diventare la complice subalterna di un’operazione diplomatica volta a coprire le operazioni militari contro Gaza, che resiste al colpo di stato di Abu Mazen. Tutta quella banda di ipocriti e imbroglioni che si riempiono la bocca con la litania sul rispetto della “legalità”e delle “regole democratiche”, non hanno detto una parola sul colpo di Stato in Palestina concertato da Usa e Unione Europea con l’assenso della Federazione russa e della Cina.
Il “dialogo” di Prodi con Hamas, nella politica internazionale, serve a evitare che la sinistra si mobiliti contro il colpo di stato di Abu Mazen e si stia zitta quando le truppe dei contras di M. Dahan daranno il via all’assalto di Gaza e spianeranno la strada ai carri armati sionisti.
L’ idealismo pacifista - che a metà degli anni ’80 portò Pietro Ingrao a ritenere inutile, di fronte alle armi nucleari, la lotta di liberazione nazionale condotta con le armi – inebetisce la sinistra e il movimento operaio e li mette nella condizione tale da essere diretti da Prodi e da entusiasmarsi per l’incarico assunto da Blair, “ mediatore internazionale per il Medio Oriente”.
Dopo Rossanda a prendere l’abbaglio sono “i due ultrasettantenni che non perdono il vizio”, Curzi e Parlato ( il Manifesto 15/8/07):
“Valentino.C’è il Medio Oriente, adesso Blair se ne occupa, che facciamo…?
Sandro. Sosteniamolo, in questo caso tutti blairiani, lui mi pare interessato al
colloquio. C’è stato un voto ieri importante sulla linea del dialogo del parlamento inglese. Vogliamo lavorare in questa direzione?”
Ancora una volta “ i due ultrasettantenni” non perdono il vizio di dire cazzate. Ma non basta. Valentino Parlato che è affetto da assemblearismo senile ( l’altra faccia del cretinismo parlamentare dell’ingraismo), dopo aver lanciato la manifestazione del 20 ottobre se ne esce così: “ Allora a settembre vogliamo fare delle assemblee, che dicano meglio che cosa vogliamo il 20 di ottobre?”.
Trotsky avrebbe risposto ad entrambi così:
“I dubbi e le incertezze non decidono e non insegnano nulla. Se ci si attiene unicamente alle riserve, i risultati nella teoria saranno la confusione e nella pratica il caos” ( da una conferenza tenuta al Società di Scienze militari di Mosca, luglio 1924).
Sezione provinciale di Sassari-PCL
16 agosto 2007

domenica 12 agosto 2007

Il 12 settembre a Roma contro Prodi

COMUNICATO STAMPA DI MARCO FERRANDO Portavoce naz. del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori
(3 agosto 2007)


Il Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori, assieme alle altre forze promotrici della manifestazione antibush e antiprodi del 9 giugno, promuove per il 12 settembre a Roma una grande assemblea nazionale dell'opposizione di classe al governo Prodi, contro l'accordo sulle pensioni e sul precariato. Le sinistre di governo (Prc, Pdci, Sd, Verdi) vorrebbero ridurre l'annunciato "autunno caldo" ad alcuni emendamenti parlamentari per conservare la propria permanenza nel governo e coprire a sinistra la burocrazia Cgil. Noi pensiamo, al contrario, che la linea Prodi - Veltroni - Montezemolo vada non "emendata" ma respinta. Che la concertazione sindacale sui sacrifici vada definitivamente rifiutata. Che tutte le sinistre debbano rompere con un governo confindustriale e unire nell'azione le proprie forze contro centrosinistra e centrodestra, sulla base di un programma indipendente di mobilitazione per una vera alternativa alle classi dirigenti del paese. L'assemblea nazionale del 12 settembre, aprirà dunque il vero autunno caldo. Preparerà una stagione di opposizione radicale al governo Prodi, a partire dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro, dalle piazze. Respingerà ogni tentativo di usare la rabbia dei lavoratori per ricontrattare la subordinazione a Romano Prodi.

sabato 4 agosto 2007

Epifani si sbaglia, nella Cgil non ci sono padroni di casa

Guglielmo Epifani ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera (4/8/07) in cui afferma che i dirigenti della Cgil dovranno difendere l’accordo sciagurato dello scorso luglio, perché “non si può andare al referendum con due posizioni”.
Il pensiero, molto volgare, che sottostà alla direttiva di Epifani è il seguente: i dirigenti ricevono uno stipendio dall’organizzazione; l’organizzazione è di proprietà della maggioranza dei dirigenti dunque non si sputa nel piatto dove si mangia. Questo pensiero, che è quello tipico della burocrazia socialdemocratica e stalinista, spiana la strada all’annessione della Cgil al Sindacato unico di Bonanni ed Angeletti.
La Cgil è la principale organizzazione del movimento operaio nello stato italiano in cui, dal 1906, rivoluzionari contendono la direzione del movimento operaio al riformismo collaborazionista. Senza questa contesa la Cgil sarebbe stata da subito un sindacato giallo come la Cisl e la Uil , nate nel 1948 con i cospicui finanziamenti del Dipartimento di Stato degli Stati uniti d’America.
In modo maldestro, ma non per questo innocuo, Epifani pensa di mettere in riga tutti quei funzionari delle categorie e della confederazione che ritengono l’accordo dello scorso luglio una capitolazione di fronte al padronato e al governo degli imbroglioni. A loro volta i dirigenti dovranno mettere in riga i delegati sindacali.
Guglielmo Epifani con queste direttiva attenta alla libertà di manifestazione del proprio pensiero e nega ai funzionari del sindacato il diritto ad esercitare il diritto alla democrazia di mandato, perciò invitiamo gli iscritti alla Cgil a far fare marcia indietro a Guglielmo Epifani.

Sezione provinciale di Sassari del Partito Comunista dei Lavoratori 4/08/07

mercoledì 1 agosto 2007

COMUNICATO DELLA SEZIONE OLBIESE DEL mPCL SULLA MANIFESTAZIONE DEI LAVORATORI DELLA PALMERA

Dopo l’appello alla sinistra olbiese, il Partito Comunista dei Lavoratori è stata l’unica forza politica a partecipare alla manifestazione dei lavoratori della Palmera in crisi sotto la sede della provincia Olbia-Tempio, ed è l’unico partito che sostiene fino in fondo la lotta dei lavoratori dell’azienda con una proposta chiara e decisa: quella della nazionalizzazione sotto controllo operaio e del coordinamento delle lotte, come più volte abbiamo ripetuto.
Sotto pressione della mobilitazione operaia la regione ha deciso di temporeggiare annunciando, tramite l’assessore all’industria Concetta Rau, di far intervenire la Sfirs: ma essa non è intenzionata all’acquisizione della Palmera da parte della regione, bensì a far in modo che un nuovo padrone prenda in mano l’azienda; ma sappiamo bene che, nel caso in cui si presenti questo scenario, l’assunzione dell’azienda da parte di un altro imprenditore, che si intascherebbe soldi pubblici, avverrebbe in cambio di pesanti licenziamenti fra i lavoratori della Palmera.
L’unica soluzione, come abbiamo ripetuto più volte, è che la Palmera e tutte le aziende in crisi vengano nazionalizzate sotto il controllo dei lavoratori e con esse anche la Sfirs venga posta sotto controllo operaio.
Pertanto chiediamo ai sindacati che la Palmera e tutte le aziende in crisi vengano occupate dai lavoratori, condizione per unificare le lotte e richiedere la nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo ai proprietari.
I lavoratori hanno già pagato troppo, ora paghino i padroni.
01/08/07
mPCL - Sezione di olbia