Il presidenzialismo è una forma di regime politico della borghesia contro il movimento operaio: è significativo che nella storia della lotta di classe in Europa, questa tipo di regime fu adottato per la prima volta in Francia dopo la sconfitta operaia nella rivoluzione del 1848. Il rafforzamento del potere esecutivo ha avuto ed ha la funzione di ostacolare quanto è più possibile l’iniziativa politica del proletariato, fino a negare la presenza nelle istituzioni rappresentative borghesi del partito indipendente del movimento operaio. Queste dinamiche sono riassunte nell’espressione bonapartismo adottata da Marx per caratterizzare il regime di Napoleone III.
La controriforma presidenzialista dello statuto regionale sardo è l’ennesimo servizio che l’accozzaglia di ceto politico di origine PCI e PSI fa alla borghesia sarda e più in generale alla borghesia dello stato italiano. La controriforma presidenzialista della regione sarda che i DS, il PRC e il PDCI sostengono per il referendum del 21 di ottobre prossimo non è, come scrive Francesco Cocco sul sito manifestosardo, “ l’abbandono di quel resta della tradizione del movimento operaio”, ma l’ennesima pugnalata di un ceto politico che ha fatto le sue fortune economiche tradendo permanentemente la classe salariata.
La posta in gioco non è quella di “difendere la democrazia autonomista”, ma quella riconquistare la piena indipendenza politica-teorica del movimento operaio. E la conquista dell’indipendenza non la si ottiene come propone sempre Francesco Cocco, con “una coalizione politica per sua natura trasversale”, ma ricompattando il movimento operaio saldando le lotte economiche con la rivendicazione della democrazia operaia.
Solo con la conquista dell’indipendenza politico-teorica potrà impedire che continui la strumentalizzazione del movimento operaio e delle masse popolari da parte di questa o quella frazione della borghesia e dei suoi agenti politici.
Il fallimento della controriforma presidenzialista della regione sarda che il Partito Comunista dei Lavoratori persegue, darebbe un duro colpo alla borghesia e ai suoi agenti politici nel movimento operaio ( i gruppi dirigenti sardi e continentali dei DS, del PRC e del PDCI). Questo è l’obiettivo da raggiungere e non quanto propone Francesco Cocco: “la salvaguardia delle condizioni elementari di agibilità politica della nostra democrazia autonomista”. La democrazia autonomista è l’armatura che ha ingabbiato, dal II dopoguerra, la classe operaia sarda e i suoi alleati. Togliatti, attaccando quei settori del partito che criticavano confusamente la sua linea , fu chiaro nell’obbligare il partito alla linea collaborazionista dell’ autonomismo democratico:
“ molti compagni facevano delle riserve alla politica comunista perché volevano dare all’autonomia un contenuto di classe, ma l’autonomia è una rivendicazione democratica: l’autonomia interessa tutti, poveri e ricchi, ed infatti ogni qualvolta si creano situazioni in cui una regione viene oppressa nell’ambito dello stato si crea una solidarietà tra le classi contro lo sfruttamento dello stato….., l’autonomia non deve essere legata al socialismo, ma solamente alla democratizzazione dell’isola”.
Togliatti è stato un politico volgare che è ricorso al più trito interclassismo collaborazionista meridionalista che Gramsci ha sottoposto alla critica e al disprezzo totali.
Non esistono forme intermedie di democrazia per quanto riguarda il contenuto di classe: o democrazia borghese o democrazia proletaria.
Coordinamento regionale della Sardegna del
Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori