La risposta di Marco Ferrando ( portavoce del PCL) alla lettera di Paolo Leonardi pubblicata ieri sul "Manifesto".
(9 settembre 2008)
Caro Pierpaolo, la risposta alla tua lettera non solo è dovuta, ma è gradita. Perché spero possa aiutare a "diradare la nebbia" sia su elementi di obiettiva confusione, sia su reali divergenze politiche che il tuo testo sottintende o rivela.
Nella sostanza, se ho ben inteso, tu tendi a "contrapporre" in qualche modo l'azione di sciopero e manifestazione previsti per il 17 Ottobre all'eventuale manifestazione da noi proposta per l'11 Ottobre. E lo fai non tanto in ragione di una vicinanza di date (tanto è vero che tu stesso riconosci che "la manifestazione dell'11 non inciderà più di tanto sulla partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici a quella che si terrà il 17"), ma di una valutazione politica: essendo a tuo avviso quella dell'11 una manifestazione di "autoreferenzialità politica tutta negativa" e quella del 17 un'azione reale di conflitto. Infine poni alcune domande sfida sulla scelta di riferimento sindacale o sulla scelta "conflitto o concertazione" (che, per inciso, capisco se rivolte a PRC e PDCI, ma grottesche se rivolte al PCL, visto i tempi e le ragioni della nostra nascita).
Provo a darti una risposta chiarificatrice e magari a porti io, a mia volta, qualche domanda.
1) Come ben sai, il PCL dà pieno e attivo sostegno all'azione di sciopero generale promossa per il 17 Ottobre (avendo oltretutto partecipato con i nostri iscritti membri dei diversi sindacati di base all'assemblea nazionale del 17 Maggio che ha promosso l'iniziativa e avendone salutato pubblicamente la positività). Così come ha dato pieno e attivo sostegno negli anni recenti a tutte le azioni di sciopero generale promosse dal sindacalismo di base contro quelle finanziarie del governo Prodi votate da PRC, PDCI o (nel 2006) da Sinistra Critica, anche con l'adesione pubblica dei nostri compagni iscritti e dirigenti in CGIL, talvolta pagandone il prezzo con vergognosi tentativi di ritorsioni burocratiche dell'apparato CGIL (ti è noto il caso del nostro compagno Debetto a Torino). Al tempo stesso, come in passato e tanto più oggi, riteniamo che l'attacco che viene condotto contro il mondo del lavoro, per la sua gravità, non sia affrontabile esclusivamente con singole iniziative di protesta del sindacalismo di base (per quanto naturalmente positive soprattutto se proclamate da un fronte unitario dello stesso ); ma richieda la preparazione di una vertenza generale del mondo del lavoro, basata su una piattaforma di lotta unificante e di svolta, che miri a sviluppare il movimento reale, a incidere realmente sui rapporti di forza e a strappare risultati. In questo senso abbiamo proposto e riproponiamo la convocazione congiunta di un'assemblea nazionale unitaria intercategoriale di delegati: perché quella assise può consentire di allargare, su base democratica, il fronte promotore di una vertenza generale, aggirando gli steccati divisori oggi esistenti tra diverse espressioni del sindacalismo di classe (sia di base che interno alla CGIL), e favorendo un livello superiore di mobilitazione. Ti chiedo: perché si continua ad opporre un silenzio a questa nostra proposta? Non vorremmo che questo silenzio (un sostanziale rifiuto) fosse determinato dal privilegiamento autoconservativo e d'immagine della propria sigla sindacale a scapito del movimento reale. Ma saremmo felicissimi – nell'interesse generale – se fossimo smentiti da una tua risposta di merito.
2) La contrapposizione tendenziale che tu operi tra lo sciopero del 17 e una manifestazione politica delle sinistre per l'11 è profondamente sbagliata. Per diverse ragioni complementari.
In primo luogo, consentimi una considerazione di carattere generale: il movimento sindacale non esaurisce la vita e le espressioni del movimento operaio (politiche, organizzative, associative, culturali). Noi restiamo degli inguaribili leninisti: contro ogni forma di pansindacalismo (che vede nell'azione sindacale tutta la politica di classe); così come contro ogni pretesa di questa o quell'altra forza della sinistra di esprimere un "proprio sindacato" come propria cinghia di trasmissione (con una riduzione economicista del proprio intervento politico e a scapito del movimento reale). Come PCL, rovesciamo esattamente questa impostazione. Così come siamo per il pieno e libero dispiegamento dell'azione sindacale in funzione dello sviluppo della lotta di classe e contro ogni logica autoconservativa, così cerchiamo di sviluppare in ogni movimento e nell'ambito dell'intera società una battaglia politica più generale: che riconduca ogni rivendicazione parziale (sindacale, sociale, antimperialista, antirazzista, femminista, anticlericale, ambientalista) alla prospettiva del rovesciamento del capitalismo e del potere dei lavoratori. Il PCL considera il proprio partito non come "un fine", ma come lo strumento organizzato di questa battaglia. E questa battaglia, per sua natura, non si svolge solo sul terreno sindacale, ma investe l'intero quadro politico: a partire dall'opposizione alla politica complessiva del governo. E' possibile rimuovere la complessità e l'ampiezza della battaglia politica dei comunisti alla sola dimensione sindacale e, per di più, alla sola azione del sindacalismo di base? E' un'impostazione legittima, s'intende. Semplicemente non solo non è la nostra, ma è un'impostazione che contrastiamo apertamente.
In secondo luogo, il terzo governo Berlusconi, per le sue caratteristiche reazionarie, sottolinea una volta di più l'esigenza di un'opposizione di classe sul piano politico e non solo su quello strettamente sindacale. Appoggiandosi su rapporti di forza ben più favorevoli che in passato, il governo sviluppa un attacco politico frontale non solo ai diritti sociali del mondo del lavoro, ma a spazi e conquiste democratiche più generali, puntando su una riarticolazione dell'apparato dello Stato basata sul rilancio del suo potere di comando: tendenza alla militarizzazione della gestione di alcuni conflitti sul territorio; disegno federalista contro i lavoratori e le masse meridionali; tentativo di cancellazione dei partiti della sinistra persino dal Parlamento Europeo con l'introduzione di sbarramenti elettorali antidemocratici; attacco all'esistenza stessa dei giornali di riferimento della sinistra; negazione del diritto di voto agli immigrati persino sul terreno amministrativo; immunità giudiziaria delle "più alte cariche dello Stato" (Lodo Alfano); matrimonio istituzionale con le gerarchie vaticane; svolta autoritaria contro gli studenti nelle scuole e contro i comportamenti e le libertà giovanili più in generale. Per non parlare, naturalmente, della ben nota campagna xenofoba, dei suoi riflessi sull'involuzione del diritto, della legittimazione strisciante che essa fornisce all'azione fascista o teppista, sul territorio, contro i settori più marginali e indifesi delle masse oppresse. E tutto questo si produce, come ben sai, senza alcuna reale opposizione parlamentare, ed anzi anche grazie alla relazione consociativa del governo con vasti ambienti del PD e col blocco materiale d'interessi bancari e confindustriali su cui il PD s'appoggia.Bene. Pensi che la piattaforma dello sciopero del 17 possa abbracciare il grosso di questi temi? E' evidente che no: perché giustamente è uno sciopero di carattere prevalentemente sindacale. Ritieni che si possa evitare o rinviare una risposta politica di mobilitazione contro questa deriva reazionaria, lasciando campo libero ancora una volta al populismo di Di Pietro o al liberalismo borghese di Veltroni? Penso (e spero) che tu risponda negativamente. Ecco: la proposta che abbiamo lanciato di una manifestazione unitaria delle sinistre contro il governo Berlusconi vuole rispondere a questa esigenza elementare: dar vita a un'opposizione politica del movimento operaio al governo più reazionario che l'Italia abbia conosciuto dai tempi di Tambroni (1960). Dove sta allora, caro Pierpaolo, l'"autoreferenzialità"? In chi prova a rispondere a questa esigenza politica reale o in chi la rimuove per proteggere (dall'attacco di nessuno) il proprio guscio sindacale?
In terzo luogo, l'esigenza di una mobilitazione politica è anche legata all'eccezionalità dello scenario politico-istituzionale. Per la prima volta, nell'intera storia del dopoguerra, il Parlamento è interamente presidiato da partiti organicamente borghesi (reazionari, liberali, populisti). Per la prima volta una parte importante del mondo del lavoro e del popolo delle sinistre si sente privata di una propria specifica rappresentanza. Sappiamo bene la causa politica di questo contesto: da un lato la corresponsabilità suicida delle sinistre al governo della borghesia italiana e alle sue politiche di rapina sociale e di guerra, negli anni passati; e dall'altro la presenza di leggi elettorali reazionarie. Ma resta il fatto che questo contesto è negativo per il movimento operaio. Sia perché, ad oggi, concorre ad accentuare senso di impotenza e smarrimento in settori popolari. Sia soprattutto perché favorisce e rafforza il progetto di "americanizzazione" della politica italiana, cioè il tentativo del liberalismo borghese di incorporare il mondo del lavoro in un gioco bipolare sempre più bipartitico: annullando la sinistra come presenza politica distinta, e rafforzando le tendenze anticomuniste di tipo maccartista. Dubito che un simile scenario sarebbe più favorevole, oltretutto, all'azione sindacale e di lotta del movimento operaio, come l'esperienza USA insegna. Impedire che il popolo della sinistra antiberlusconiano venga totalmente incorporato dalle manifestazioni del PD e di Di Pietro – in assenza di ogni segno visibile di vita di un'opposizione di sinistra indipendente – risponde dunque ad un'esigenza obiettiva. Anche da qui la nostra proposta di manifestazione politica contro il governo rivolta a tutte le sinistre italiane.Va da sé che la nostra proposta unitaria di mobilitazione contro Berlusconi rivolta alle sue principali componenti (non solo PRC e PDCI, ma anche SC e SD) non significa né ignorare, né diplomatizzare il nostro giudizio irreversibile sulla natura dei partiti che hanno partecipato al governo Prodi, dei loro gruppi dirigenti, delle loro responsabilità decisive nel disastro avvenuto. Ed anzi, proprio in ragione di quel bilancio, il PCL lavora tanto più oggi alla propria costruzione indipendente, in alternativa coi partiti e demistificando le loro "svolte a sinistra". Ma questa battaglia di egemonia alternativa non contrasta con la proposta di mobilitazione comune contro il governo, e con un rapporto di dialogo con militanti, iscritti, simpatizzanti di quei partiti, che oggi vivono comprensibilmente un senso diffuso di disorientamento. Una proposta di manifestazione comune è anche una forma di relazione con quel mondo.
3) Ci chiedi perché abbiamo proposto ("guarda caso" tu scrivi) la data dell'11 Ottobre. E' semplice: perché non decidiamo noi il calendario della politica italiana. Quella proposta di data è in relazione a un ragionamento politico elementare. In primo luogo risponde all'esigenza di anticipare la manifestazione del PD del 25 Ottobre: perché è del tutto evidente che in caso contrario si regalerebbe a Veltroni (dopo averlo regalato in Luglio a Di Pietro) uno spazio di capitalizzazione a sinistra molto ampio. In secondo luogo, risponde proprio all'esigenza di evitare una sovrapposizione diretta con l'azione di sciopero del 17 Ottobre. Sottolineo il fatto che, anche rispetto ai tempi di preparazione, la data migliore per la manifestazione delle sinistre sarebbe stata il 18 Ottobre; ma abbiamo scartato quella data proprio per il rispetto dell'autonomia dell'azione sindacale e per minimizzare i rischi di ricadute negative sulla sua riuscita (rischi che oggi infatti tu stesso riconosci sostanzialmente irrilevanti). In terzo luogo risponde all'esigenza di evitare la sovrapposizione con l'altra possibile data utile, per quanto anticipata, che è quella del 4 Ottobre: perché per quella data è prevista da molto tempo una specifica manifestazione nazionale antirazzista, promossa in primo luogo da Socialismo Rivoluzionario e Partito Umanista , alla quale il PCL aderisce (a dimostrazione che noi decidiamo sempre in base alla bontà delle iniziative e non alla nostra valutazione politica delle forze promotrici) e alla quale aderiscono moltissime realtà di movimento oggi impegnate in un settore importantissimo (a proposito: perché voi non aderite?). Come si vede, la proposta della data dell'11 non scaturisce da alcun calcolo perverso, ma solo dalla priorità della battaglia politica nell'interesse generale del movimento operaio. Quanto alla vicinanza di data dell'11 e del 17, non è la prima volta e non sarà l'ultima che mobilitazioni diverse cadono in momenti ravvicinati. E' capitato anche in anni recenti, in occasione della prossimità di manifestazioni sindacali e manifestazioni internazionaliste, senza che accadesse nulla di particolare. Così è oggi. A meno che una parte dei promotori dello sciopero del 17 voglia imbastire una campagna di disturbo contro la riuscita dell'11 Ottobre. Quella sì sarebbe una prova rovinosa di settarismo, che non esiteremmo a contrastare. Ma confidiamo che ciò non avvenga.Infine, a tale proposito ti ricordo che stiamo ancora aspettando la tua risposta alla nostra lettera relativa alla iniziativa del 9 settembre dalla cui convocazione ci avete voluto escludere, senza alcuna motivazione e a prezzo di alcune "forzature" sul recente passato , per cui chi due anni fa era assente e contrapposto alle prime iniziative contro il governo Prodi sembra essere stato presente e noi che le convocammo insieme a voi scompariamo nel nulla .
Caro Pierpaolo, spero con queste righe di aver contribuito alla chiarificazione sui problemi che hai posto (ciò che è anche chiarificazione di divergenze). Mi auguro in ogni caso di poterci ritrovare insieme sia il 17 Ottobre che l'11 Ottobre.
Saluti comunisti
Per l'esecutivo PCL
Marco Ferrando
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