La crisi esplosa attorno al tema dell’abuso ecclesiastico sui minori investe a fondo la Chiesa cattolica internazionale e i suoi massimi vertici. Sotto il profilo della sua credibilità di massa presso l’opinione pubblica internazionale e la stessa base dei credenti, si tratta- potenzialmente- della crisi più profonda che abbia investito la Chiesa di Roma dall’epoca della “vendita delle indulgenze” del XVI Secolo. La crisi non riguarda infatti la superficie degli scandali ricorrenti del temporalismo ecclesiastico, in ordine alla sue tradizionali compromissioni col potere politico, o alla sua internità alla finanza capitalistica. Ma investe la stessa autorità “morale” della Chiesa e del suo ordine giuridico e gerarchico, sino al livello della Segreteria di Stato Vaticana e del Papato. Chiama in causa non i “comportamenti”della Chiesa, in relazione alle ingerenze confessionali nella legislazione civile degli Stati, ma la “realtà” della Chiesa : nelle regole inconfessabili della sua vita interna, della sua doppiezza, dei suoi crimini. La realtà di un apparato ecclesiastico che si configura di fatto, per molti aspetti, come “associazione a delinquere” internazionale, sigillata e protetta dal Segreto Pontificio.
PECCATI O CRIMINI?
Coloro che si limitano a denunciare il numero impressionante di brutalità compiute da criminali in tonaca su minori, donne, sordomuti, minoranze aborigene- che sta emergendo come punta travolgente di un iceberg immenso, cumulatosi nel corso dei secoli- colgono solo un aspetto parziale. Sotto questo profilo potremmo dire persino che le barbarie prodottesi contro donne e minori all’ombra della Croce, non sono diverse da quelle prodottesi contro di essi sotto le bandiere della laica democrazia borghese, o che si consumano quotidianamente in tutto il mondo in tante rispettabili famiglie. Stupri domestici, tratta di prostitute schiave, turismo sessuale a caccia di bambini, stanno lì a ricordarlo. No. La particolarità dei crimini di Chiesa sta nella straordinaria copertura (e incoraggiamento di fatto) di cui hanno goduto da parte dell’assolutismo ecclesiastico, e proprio nel nome della difesa di quell’assolutismo. Dalle risoluzioni della Controriforma cattolica del Concilio di Trento sino alle sentenze della Congregazione della Dottrina della Fede sotto la direzione di Ratzinger ( 2002), la linea di fondo del codice ecclesiale è stata infatti una sola: considerare “peccati” e non crimini le violenze sui minori. E dunque punirle, nel migliore dei casi, con sanzioni ecclesiastiche ( sino al limite estremo della riduzione del “peccatore” allo stato laicale), ma sottraendole, ovunque possibile, alla legge ordinaria, cioè alla galera. Questa è l’infamia. E questa infamia secolare è talmente resistente che persino le “linee guida” della normativa ecclesiastica del 2003 in ordine alla “pedofilia”- sbandierate oggi dal Vaticano come prova della “severità” della Chiesa contro gli abusi”- prevedono la denuncia degli abusatori alle autorità civili SOLO nei Paesi in cui la legge ordinaria prevede l’obbligo della denuncia, e, cosa ancor più indicativa, SOLO quando i vescovi “vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione”. Il che significa che la confessione di una violenza sessuale da sacerdote a sacerdote è una garanzia di impunità, e quindi un incoraggiamento e reiterare il reato. E’ necessario cogliere il lato sistemico della copertura del crimine. A differenza che in ogni formale legislazione ordinaria, la legge ecclesiale tutela il criminale anche quando condanna il “peccatore”. Meglio: la condanna del “peccatore” è la specifica forma di tutela del criminale. E la tutela del criminale dalla legge dello Stato è, a sua volta, la sanzione della separatezza e della superiorità del proprio Stato ( la Chiesa) e del proprio codice ( il diritto ecclesiale) rispetto ad ogni altro Stato e legge ordinaria. Per di più, lo stesso sanzionamento o meno dei “peccatori”, all’interno della Chiesa, non è dipeso e non dipende dall’entità dei “peccati”, ma dallo status dei “peccatori” nell’ordine ecclesiastico. Ciò che ha consentito al grande criminale Padre Maciel, violentatore persino delle proprie figlie, ma capo venerabile dell’Ordine potentissimo dei Legionari di Cristo, di essere coperto e tutelato per decenni da tutti i Papati, ed in particolare da Papa Woityla ( oggi in corsa per la beatificazione): e di essere invece scaricato dall’attuale Pontefice solo post mortem ( e con un occhio alla eredità degli immensi beni terreni dei Legionari). Per non parlare delle gerarchie cattoliche canadesi, responsabili lungo il 900 del “piccolo” genocidio di 50000 donne e minori aborigeni, di torture e violenze indicibili nelle cosiddette “Scuole Residenziali”, ma tuttora oggetto di protezione vaticana per via del proprio considerevole potere . E sono solo due esempi.
IL BALBETTIO DEI LIBERALI E DELLE SINISTRE
Questa è dunque la Chiesa reale. Non semplicemente la Chiesa oscurantista che condanna la pillola abortiva o che accosta lo stupro sui minori all’omosessualità. Ma la Chiesa criminale. Per intenderci, la stessa Chiesa coinvolta, col cardinal Marcinkus, nell’omicidio di Emanuela Orlandi , oppure coinvolta nel silenzio omertoso a Potenza sull’omicidio di Elena Claps… Lo scandalo planetario degli abusi sui minori ha aperto finalmente un fascio di luce su questa verità rimossa.
Ma qui subentra un secondo scandalo: quello del balbettio della cultura laica e liberale nazionale, e delle stesse sinistre italiane, di fronte alla crisi della Chiesa. Proprio nel momento in cui il Vaticano è travolto da una crisi mondiale di credibilità senza precedenti; proprio nel momento in cui nel campo stesso della cristianità si moltiplicano contestazioni e proteste contro le massime gerarchie, i liberali e le sinistre patrie ( con rarissime eccezioni individuali) restano ammutoliti. Anche soggetti politici e culturali che hanno contestato più volte, giustamente, le posizioni oscurantiste della Chiesa in fatto di sessualità, arretrano di fronte all’emersione della sua criminalità sessuale. E’ un caso? No davvero. Le classi dominanti sono organicamente intrecciate con gli interessi ecclesiastici ( banche, proprietà immobiliari, pacchetti azionari, proprietà terriere..). I loro partiti, inclusi quelli “Democratici”, coltivano i rapporti con le gerarchie, ne ricercano la benedizione, ne tutelano la sacralità istituzionale. I gruppi dirigenti delle sinistre che, a loro volta, collaborano con i partiti borghesi “democratici”, debbono presentarsi come “rispettabili” ai loro occhi , e dunque “rispettosi” verso l’Istituzione Chiesa. Altrimenti dovrebbero rinunciare ad assessorati o a ( futuri e ambiti) ministeri. Questo spiega, ad esempio, perché il valdese Paolo Ferrero- di fronte all’enormità dello scandalo della pedofilia ecclesiastica- si limiti a chiedere alla Chiesa cattolica di “rivedere il celibato dei vescovi” come rimedio agli stupri ( editoriale su Liberazione del 14-4-10). O perché il cattolico Nichi Vendola- già candidatosi a premier del centrosinistra liberale per il 2013- non manchi occasione di ossequiare il Vaticano ( oltre a Padre Pio). E’ la riprova che la subordinazione al capitalismo trascina con sé la prostrazione alla Chiesa. Sino al silenzio verso i suoi crimini.
UN PROGRAMMA DI LIBERAZIONE DAL VATICANO O E’ ANTICAPITALISTA O NON E’.
Per la stessa ragione una sinistra anticapitalista- come quella che il PCL esprime- può assumere la battaglia contro la criminalità ecclesiastica in piena libertà e coerenza. Come non ci subordiniamo al capitalismo così non ci subordiniamo alla Chiesa. Per questo non solo non ci allineamo all’imbarazzata ambiguità della borghesia liberale e delle sinistre, ma chiediamo a tutte le sinistre, a tutto l’associazionismo laico , di promuovere una vera campagna di denuncia che vada alla radice della questione clericale.
Rivendichiamo innanzitutto una vera e propria inchiesta popolare sui crimini ecclesiastici e sulle responsabilità a tutti i livelli di chi li ha coperti, dentro e fuori la Chiesa: perché solo i lavoratori e le classi subalterne possono giungere alla verità e denunciarla, non lo Stato concordatario e complice, non la magistratura borghese ( a proposito: dov’è il giustizialismo dipietrista o grillista di fronte ai crimini di Chiesa?). Rivendichiamo la rimozione di ogni segreto pontificio sugli abusi verso donne e minori, con l’apertura pubblica degli archivi vaticani: perché nessun crimine clericale deve restare ignoto o impunito. Rivendichiamo l’abolizione di ogni privilegio clericale ( esenzioni fiscali in Iva e Ici, fondi pubblici a scuole e cliniche private, otto per mille): anche perché è intollerabile finanziare, con risorse pubbliche, associazioni a delinquere. Rivendichiamo l’esproprio, sotto controllo popolare, delle grandi proprietà immobiliari e bancarie del Vaticano: per restituire ai lavoratori e al popolo ciò che è loro.
Da inguaribili comunisti continuiamo a considerare di straordinaria attualità le misure della Comune di Parigi del 1871- elogiate da Marx- contro il capitalismo ecclesiastico. La “Comune miscredente”- che “trovò nel convento di Picpus donne sequestrate dai monaci sotto l’accusa di pazzia e destinate ad essere violentate e sepolte vive”; e nella chiesa di S. Lorenzo “ scheletri di donne che già avevano subito quella sorte”- non si limitò a liberare le vittime di quegli abusi e a incarcerare i responsabili. “ Sbarazzatasi dell’esercito permanente e della polizia, elementi della forza materiale del vecchio governo, la Comune si preoccupò di spezzare la forza della repressione spirituale,il potere dei preti, .. espropriando tutte le chiese in quanto enti possidenti. I sacerdoti furono restituiti alla quiete della vita privata, per vivere delle elemosine dei fedeli, ad imitazione dei loro predecessori, gli apostoli. Tutti gli istituti d’istruzione furono.. liberati in pari tempo da ogni ingerenza della chiesa e resi gratuiti per il popolo…La retribuzione dei sacerdoti, invece di essere finanziata dalle tasse sui contadini, dipese solamente dall’azione spontanea ispirata dai sentimenti religiosi dei parrocchiani” ( MARX- La guerra civile in Francia, 1871).
Per quale ragione questo programma rivoluzionario avrebbe perso valore di fronte ad un potere clericale ben più grande di allora, e a crimini ecclesiastici non meno efferati?
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
info@pclacoratori.it
martedì 20 aprile 2010
lunedì 19 aprile 2010
Comunicato del Pcl sull’aggressione razzista ad Alghero.
La notte tra sabato e domenica 11 aprile si è consumata ad Alghero, bellissima città della costa nord occidentale della Sardegna, una feroce aggressione premeditata di tipo razzista ai danni di due fratelli di origine congolese, un cuoco di 28 anni e uno studente di 22, entrambi cittadini italiani. L’aggressione, perpetrata da una mezza dozzina di ragazzi, è stata accompagnata da insulti razzisti, come “sporchi negri, tornate a casa vostra”, e da canzonacce riferentesi a qualche movimento politico di estrema destra. Il pestaggio è cominciato con il lancio di pietre, con calci e pugni fino a quando qualche testimone non ha dato l’allarme e i sei si sono allontanati, lasciando i due giovani doloranti a terra. Accompagnati nel pronto soccorso dell’ospedale civile, a entrambi sono stati assegnati dieci giorni di cure per contusioni, sospette fratture, abrasioni al volto e lividi ovunque.
Questo triste episodio rivela come la devastazione sociale, economica e culturale prodotta dal capitalismo nella sua fase declinante, faciliti la diffusione tra le masse di una ideologia di tipo razzista, propagandata dalla destra populista e reazionaria rappresentata dalla Lega e dal Pdl (presenti entrambi in Sardegna). Ma una grave responsabilità è da imputare anche a una sinistra opportunista (Rifondazione) che in questi anni non ha pensato ad altro che a contrattare col Pd e col capitalista Soru in cambio di qualche assessorato (per portare avanti poi le stesse politiche antipopolari della destra), abbandonando pericolosamente le masse alla demagogia e al populismo.
Il Partito comunista dei lavoratori della Sardegna esprime la massima solidarietà ai due ragazzi aggrediti e a tutte le vittime del razzismo, squadrista o istituzionale che sia.E propone a tutte le forze antirazziste e democratiche di mobilitarsi contro questi episodi e contro quelle forze politiche che utilizzano l’ideologia razzista per raccogliere cinicamente consenso e per dividere i lavoratori e le masse. Ma per sconfiggere realmente l’egemonia di queste forze reazionarie è necessaria la costruzione di un partito rivoluzionario che rivendichi: eguali diritti civili, economici e sociali tra lavoratori italiani e stranieri, la ripartizione del lavoro che c’è tra tutti i lavoratori, a parità di salario, il ripristino di una reale scala mobile, la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio di tutte le aziende in crisi e che licenziano, che la crisi la paghino i padroni e i banchieri. Solo un programma marxista rivoluzionario può essere un programma coerentemente antirazzista e antifascista, poiché è l’unico che può porre un’alternativa a questo sistema di sfruttamento e di oppressione del “diverso”.
Umberto Bitti- Sezione del Partito comunista dei lavoratori – Per la rifondazione della Quarta internazionale- Olbia
(15 aprile 2010)
Questo triste episodio rivela come la devastazione sociale, economica e culturale prodotta dal capitalismo nella sua fase declinante, faciliti la diffusione tra le masse di una ideologia di tipo razzista, propagandata dalla destra populista e reazionaria rappresentata dalla Lega e dal Pdl (presenti entrambi in Sardegna). Ma una grave responsabilità è da imputare anche a una sinistra opportunista (Rifondazione) che in questi anni non ha pensato ad altro che a contrattare col Pd e col capitalista Soru in cambio di qualche assessorato (per portare avanti poi le stesse politiche antipopolari della destra), abbandonando pericolosamente le masse alla demagogia e al populismo.
Il Partito comunista dei lavoratori della Sardegna esprime la massima solidarietà ai due ragazzi aggrediti e a tutte le vittime del razzismo, squadrista o istituzionale che sia.E propone a tutte le forze antirazziste e democratiche di mobilitarsi contro questi episodi e contro quelle forze politiche che utilizzano l’ideologia razzista per raccogliere cinicamente consenso e per dividere i lavoratori e le masse. Ma per sconfiggere realmente l’egemonia di queste forze reazionarie è necessaria la costruzione di un partito rivoluzionario che rivendichi: eguali diritti civili, economici e sociali tra lavoratori italiani e stranieri, la ripartizione del lavoro che c’è tra tutti i lavoratori, a parità di salario, il ripristino di una reale scala mobile, la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio di tutte le aziende in crisi e che licenziano, che la crisi la paghino i padroni e i banchieri. Solo un programma marxista rivoluzionario può essere un programma coerentemente antirazzista e antifascista, poiché è l’unico che può porre un’alternativa a questo sistema di sfruttamento e di oppressione del “diverso”.
Umberto Bitti- Sezione del Partito comunista dei lavoratori – Per la rifondazione della Quarta internazionale- Olbia
(15 aprile 2010)
Iscriviti a:
Post (Atom)