Secondo, in qualità d’agente, il primo, e di lacchè e socio il secondo, della borghesia continentale, ed in ossequio alla sua mentalità colonialista, hanno pensato che la Sardegna sarebbe stata una bella vetrina dove esibire il Gotha degli sfruttatori mondiali. Oltretutto per Soru, date le relazioni economiche di Tiscali a livello europeo, è questa un’occasione da non perdere per tesserne di nuove o rafforzare quelle vecchie “facendo buona impressione” ai capi di stato degli 8 Paesi più industrializzati del mondo. Sempre “ in nome dell’interesse dei sardi “ s’intende.
Soru ha rivelato ancora una volta la sua vera natura non perdendo temo ad offrire la sua candidatura a gestire una delle più bieche operazioni coloniali: l’organizzazione del G8 e le lucrose speculazioni che ne seguono.
Come potranno giustificare ora le “anime belle” del centro sinistra questo padrone - che colmo di debiti ha visto nella sua elezione a presidente della regione Sarda l’ancora di salvezza - e che si era presentato, con la sua retorica fatta di banalità miste ad autoritarismo padronale, come il paladino della " sardità " e della rinascita della Sardegna dal colonialismo. Con che coraggio potranno difenderlo di fronte all’industria sarda agonizzante ed ai lavoratori della Palmera o della Legler che lottano per salvare le fabbriche?
Il nostro obiettivo per ciò, prima d’ogni altra cosa, deve essere far fallire il tentativo di svolgere il vertice del G8 in Sardegna. Dare per scontato che esso comunque si farà, significa dare ad intendere a Prodi, a Soru ai padroni nostrani e del pianeta che essi hanno già vinto, e che potranno giocare a fare i democratici permettendo all’opposizione sociale di esprimersi nella solita manifestazione di rito. Non possiamo permetterci di consegnare un’ennesima sconfitta alla gioventù lavoratrice. Di creare nuovi motivi di frustrazione, di resa, di confusione per le giovani avanguardie. Di allargare anziché recuperare il distacco con la gioventù lavoratrice. In questo i teorici ed i dirigenti del cosiddetto Movimento dei movimenti sono stati dei maestri.
I primo luogo hanno presentato quello che è un movimento molto limitato - rispetto alle enormi esplosioni di massa dei decenni precedenti - riflesso della frammentazione, della confusione e disorganizzazione politica seguite alla sconfitte della classe operaia e, di conseguenza, al mutamento dei rapporti di forza e di egemonia di essa sulla società, come la nuova forma assunta dalla lotta di classe, e non come il risultato di un suo arretramento.
Le conseguenze di questo modo di pensare ed agire opportunista, leggero ed approssimativo si sono pagate a Genova nel 2001 dove una giovane avanguardia è stata mandata del tutto impreparata a farsi pestare a sangue o a farsi ammazzare. Non si può venire a dire che i dirigenti del movimento dei movimenti, data loro presenza e legami anche ai più alti livelli delle istituzioni, non avessero elementi, informazioni o anche solo il sentore di quello che sarebbe successo. Basta ricordare il precedente di Napoli, il ruolo svolto dal governo di centrosinistra e dal ministro Amato (era dell’interno? correggi tu) nel pianificare il G8 di Genova, il carattere, le minacce e la campagna terroristica del governo Berlusconi.
Inoltre dobbiamo chiederci, a maggior ragione oggi, dato il legame, e visti i ricatti che questi “teorici” e dirigenti subiscono dal “governo amico”, quale coerenza e disponibilità metteranno nel raggiungere il successo nella lotta? La stessa che hanno mostrato votando il ri-finanziamento alla missione in Afghanistan o alla nuova missione in Libano? O la fiducia al governo sulla finanziaria? O quando si tratterà di impedire la controriforma delle pensioni o il mantenimento della legge 30?
Questi in realtà hanno già ceduto. Lo si può leggere in tutti quei discorsi in cui si parla di appelli a Soru per fare marcia in dietro, o in cui si dà già per scontato che non si possa impedire la realizzazione del vertice.
Noi riteniamo che il vertice si possa impedire solo con la mobilitazione di massa dei lavoratori sardi ed in primo luogo della gioventù lavoratrice sarda. Come hanno dimostrato le mobilitazioni di massa per la difesa dell’articolo 18 e contro la guerra del 2003, il ruolo della classe dei salariati resta sempre quello dirimente. E se quelle mobilitazioni gigantesche non hanno portato, contro il sentimento generale, alla caduta di Berlusconi ed al ritiro delle truppe italiane è stato solo per il freno volutamente imposto dalle burocrazie sindacali e dai dirigenti del centro sinistra (tutti compresi dalla Margherita alla “sinistra radicale”).
Per sperare di suscitare una mobilitazione o anche solo il sostegno dei lavoratori sardi e della gioventù contro la realizzazione del G8 è indispensabile dotarsi, senza perdere altro tempo, di:
- una struttura il più possibile capillare fatta di comitati locali nei luoghi di lavoro (fabbriche – privilegiando quelle dove gia sono vertenze in corso-, RSU, cantieri, scuole ecc.) nei sindacati, nei comuni.
- un programma di agitazione e rivendicazione politico-economica che ci deve aiutare a legare la condizione di oppressione economica nei luoghi di lavoro (in particolare dei giovani) con le rivendicazioni generali. Si deve partire ad esempio con una presenza nelle fabbriche a settembre con sit-in di fronte ai cancelli per discutere con i lavoratori dei loro problemi, proporre iniziative comuni di lotta, raccogliere sottoscrizioni, spiegare la necessità di impedire il G8.
Come si può conquistare la gioventù lavoratrice dell’edilizia, impiegata nei cantieri della costa che verrà ingannata con la prospettiva di nuovo lavoro per la realizzazione delle infrastrutture del G8, e su cui si cercherà di fare leva per creare un consenso di massa, senza un piano economico alternativo? Lo stesso dicasi dei disoccupati o dei lavoratori saltuari o precari.
Proponiamo, per questi motivi, la costituzioni ovunque sia possibile, di comitati organizzativi provinciali, (di primissima importanza è quello di Olbia data la sua collocazione strategica).
Questi C.O. potrebbero essere costituiti da un delegato per ogni organizzazione politica, associazione, sindacato, o gruppo aderente. Devono avere la funzione di direzione politica ed organizzativa per l’area territoriale competente. Devono coordinarsi tra loro. Devono costituire al proprio interno un comitato esecutivo (C.E.) che si occupi della gestione pratica dell’attività organizzativa ( rapporti con la stampa, raccolta fondi, rapporti con gli apparati, coordinamento tra i comitati ecc.), e che deve fornire un resoconto periodico e dettagliato sull’andamento della campagna di agitazione al C.O.
Il C.O. tramite il suo organismo esecutivo deve promuovere al più presto la costituzione di comitati di agitazione nei luoghi di lavoro ( fabbriche, cantieri, scuole ecc.) e nei comuni, in cui ci sia almeno un volontario, o siano in corso vertenze ( Palmera e Legler, ad esempio). I/le militanti giovani, studenti, disoccupati o lavoratori saltuari, sono i primi che, data la maggiore disponibilità di tempo, la preparazione teorica e le riserve di energie che derivano dalla età, devono essere impiegati nel lavoro di organizzazione e di agitazione.
Siamo ancora in tempo per impedire che il vertice si realizzi. Ma se anche questo non riuscisse, perché il tempo dovesse rivelarsi insufficiente, o per la disorganizzazione, saremo comunque riusciti ad insufflare una ventata di energia vitale e di coscienza politica nella classe lavoratrice sarda, a far maturare la sua coscienza anticapitalistica, insomma a porre basi più solide per vincere le lotte immediatamente successive.
Contro il disfattismo, la depressione, la faciloneria e l’opportunismo da morti viventi, le nostre vele maestre devono essere l’organizzazione, l’agitazione quotidiana per conquistare la gioventù lavoratrice.
Sezione provinciale di Sassari del McPCL.
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