martedì 11 dicembre 2007

FARE COME GLI OPERAI DELL’UNILEVER: OCCUPARE LE FABBRICHE IN CRISI E CHE LICENZIANO

La crisi dell’industria sarda mette in discussione il posto di lavoro di centinaia di operai, dalla Palmera alla Legler. Le speculazioni e l’inettitudine di un’infame classe padronale si ripercuotono su chi manda avanti la produzione e ne dovrebbe essere il vero proprietario, la classe lavoratrice.

Un’intera classe operaia è in lotta per la salvezza del posto di lavoro, ma i tentennamenti delle direzioni sindacali nella piattaforma e nelle rivendicazioni impediscono che le mobilitazioni trovino uno sbocco vincente; vengono infatti divise le lotte che unite avrebbero un potenziale di vittoria enorme e le rivendicazioni delle burocrazie sindacali sono insufficienti e illusorie (più volte, da parte dei sindacati, si è sentito parlare, come nel caso della Palmera, di “ripensamento” da parte dei padroni o di “speranza” in una poco probabile “eticità” delle banche!).

La strada per vincere le lotte viene dagli operai dell’Unilever: l’occupazione degli stabilimenti per scongiurare il rischio di chiusura della fabbrica. Questa è l’unica via per evitare la fine della produzione e salvare il posto di lavoro, nonché per portare avanti la contrattazione. Certi sindacalisti scettici dicono: “l’occupazione della fabbrica non durerà per molto e verranno tutti licenziati”. Questo è vero solo se la lotta degli operai dell’Unilever rimarrà isolata; ma se la lotta si generalizza e gli operai di tutte le fabbriche in crisi occupano gli stabilimenti, unendo le loro forze e creando un coordinamento regionale delle lotte, si porranno le condizioni per la vittoria. E la vittoria non passa per la speranza in un nuovo padrone che prenda in mano la gestione della fabbrica: essa può essere assicurata solamente dalla nazionalizzazione senza indennizzo ai padroni speculatori e sotto il controllo dei lavoratori, obiettivo che solo l’occupazione della fabbrica può porre in primo piano.

Solo così la classe operaia, contando sulle proprie forze e non sulla “benevolenza” dei padroni o delle istituzioni e lacchè vari, può vincere la lotta e porsi alla testa di una mobilitazione più ampia che coinvolga tutti i settori oppressi dal capitalismo, compresi i piccoli pastori ed agricoltori sardi schiacciati dal grande capitale di banche e industrie che possono essere salvati solamente dal controllo operaio sulla produzione e sul sistema bancario. In definitiva la crisi dell’industria e della società sarda può essere risolta solamente dal controllo pianificato dei lavoratori sulla produzione, possibile solo con la conquista di un Governo dei Lavoratori stessi.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, che terrà a Gennaio il proprio congresso fondativo, fa appello a sindacati, partiti e organizzazioni dei lavoratori per un polo autonomo di classe anticapitalistico che marci in questa direzione, possibile solo se essi rompono col governo Prodi, con la giunta Soru, col Partito Democratico e con tutti i governi e partiti dei padroni. Questa è anche l’unica via per evitare un nuovo governo reazionario guidato da Berlusconi e le destre.

PER IL COORDINAMENTO REGIONALE DELLE LOTTE, PER L’UNITA’ DEI LAVORATORI IN LOTTA

PER LA VERTENZA GENERALE DEL MONDO DEL LAVORO, PER IL POLO AUTONOMO DI CLASSE

PER LA NAZIONALIZZAZIONE SOTTO CONTROLLO OPERAIO DELLE AZIENDE IN CRISI

PER IL GOVERNO DEI LAVORATORI!


Partito Comunista dei Lavoratori - Coordinamento regionale Sardegna

Nessun commento: