domenica 30 dicembre 2007

Al tradimento non c’è limite: nel gorgo del parlamentarismo decadente

La camarilla al vertice del PRC e Bertinotti, in testa “oggi recupera la disponibilità a un governo di unità nazionale con le destre per favorire la costruzione di una nuova sinistra del Centrosinistra( e intanto garantendosi, con la continuità della legislatura, la continuità della presidenza della Camera)”(M. Ferrando). Così, il presidente della Camera si assicura una lauta ricompensa ed altri privilegi.

La proposta di un governo di unità nazionale, il berlusconiano governo delle larghe intese, significa spartirsi la torta con il capo della destra che tutto è, tranne che un appartenente a quella borghesia illuminata, dal cui mito Bertinotti è stato sedotto da giovane come molti altri traditori della sua stessa pasta. Bertinotti, e non da oggi, ha tradito con tutti e due i capi dei due raggruppamenti che contendono per la direzione degli affari della borghesia e sui modi con cui attaccare il movimento operaio.

Berlusconi ha appreso la lezione di Sarkozy. Quest’ultimo, contrariamente alle aspettative, non ha scelto lo scontro frontale con le burocrazie sindacali. Già prima di assumere le funzioni di capo di stato, “Sarkozy aveva già incontrato i dirigenti delle tre organizzazioni sindacali più importanti. Bernard Thibault (CGT), Francis Chérèque (CFDT) e Jean-Claude Mailly(FO) e gli aveva detto: ‘Io vi svelo subito un trucco: questa riforma, io la farò. Tutto il resto è negoziabile’ ( Le Monde 26.11.2007). Dopo ha mantenuto con loro il dialogo. Gli ha incontrati tanto pubblicamente quanto in privato per discutere e, talvolta, per cenare con loro. Sarkozy è pure arrivato a dare del tu al dirigente della federazione dell’energia della CGT, Frédéric Imbrecht” ( Lo sciopero delle ferrovie e il ruolo della LCR, in World Socialist Web Site). Sarkozy ha avuto successo. Lo sciopero - invece di estendersi alle grandi masse ed innanzitutto a quelle delle banlieues e rendere ingovernabile per la borghesia la Francia-è stato tradito. Sul giornale francese Le Figaro (22 novembre 2007) è stato ben chiarita la tattica di Sarkozy : “ Il capo dello stato non vuole più inasprire il tono con i sindacati che hanno fragili rapporti con la loro base. Egli sa che ha bisogno di loro per il seguito delle riforme: codice del lavoro, fusione Unedic e ANPE, sistema pensionistico del settore privato, formazione professionale. ‘I regimi speciali, sono l’aperitivo, per le altre riforme, noi avremo bisogno di sindacati responsabili’ giustifica David Martinon, portavoce dell’Eliseo”( in World socialist web site). Guanti gialli con la burocrazia sindacale francese e repressione poliziesca contro i lavoratori di origine africana e attacchi sbirreschi brutali nelle banlieues, questa è la politica di Sarkozy. Berlusconi ha messo a punto la lezione della sua ritirata sull’articolo 18. Anche lui ha bisogno della burocrazia. Nel suo caso si tratta in particolare del rapporto con la burocrazia della CGIL. Con Cisl e Uil firmò il patto per l’Italia. Per tutti i padroni la sconfitta nelle grandi fabbriche del governo e della burocrazia concertativa sull’accordo del 23 luglio è un brutto segnale. Confindustria, le forze politiche borghesi, la burocrazia sindacale sono obbligate da quel fatto a trovare un intesa per evitare che le cose peggiorino per loro: attorno a quegli operai indipendenti delle grandi fabbriche si può coagulare il malcontento delle grandi masse, innanzitutto nelle aree metropolitane. Non è casuale che l’iniziativa aperta di Berlusconi nei confronti di Veltroni sia venuta qualche mese dopo i risultati della consultazione sindacale.

Bertinotti sa che è considerato un traditore fra quanti hanno votato No nelle grandi fabbriche ed è emblematico quanto ha dichiarato al Corriere della sera(15 dicembre) su quanto ha visto ai funerali degli operai della Tyssen : “ho percepito una separazione, un cancello, tra gli operai che stavano dentro la fabbrica e si sentivano soli, e noi che venivamo visti come quelli che stanno fuori e non muoiono bruciati” (anche in questo occasioni, Bertinotti non perde l’occasione di fare il fesso con quel linguaggio che lui crede ricercato). Il disprezzo proletario che Bertinotti “percepisce” lo riempie di paura e lo obbliga a prostrarsi davanti ai suoi protettori con azioni sempre più squalificanti. Si è vantato (Corsera 15 dicembre) della solidarietà data a Berlusconi, con una telefonata, quando, l’estate scorsa, circolavano le foto faunesche del boss di Arcore a passeggio con alcune aspiranti a carriere nella RAI, in una delle sue ville in Sardegna : “ Presidente - esordì - mi spiace molto, perché queste sono cose fastidiose. E’ già sgradevole che si scavi nella vita privata e si violi la privacy. Lo è di più se tutto ciò viene usato come appiglio per attaccare l’avversario politico”. Questa rivelazione si trova nell’intervista in cui il presidente della Camera “lancia una sfida di politica culturale” per ammantare il “dialogo” con Berlusconi ai fini di un “governo dalle larghe intese” e della “autoresponsabilizzazione” di costui. Perciò Bertinotti è in prima fila a difendere Berlusconi dall’inchiesta della procura di Napoli circa il contenuto della telefonata con Agostino Saccà: “una violazione dei diritti del cittadino”, “bisogna bandire che vengano fuori nomi e cognomi”. Bertinotti non ha mai speso una parola quando le intercettazioni venivano utilizzate per accusare di terrorismo i lavoratori di origine araba. E interessante notare come Bertinotti non sia intervenuto a difendere Clementina Forleo quando è partito il linciaggio nei suoi confronti per l’utilizzo delle intercettazioni sul caso Unipol che coinvolgevano Dalema, Fassino e Latorre ( nessun esponenti delle classi dominanti ha perdonato la Forleo per la sentenza su Daki). Nicola Latorre, ora dirigente del PD, ha elogiato l’ex segretario del PRC per la sua campagna in difesa della privacy dei membri della classe dominante: “ha interpretato in maniera efficace il pensiero di quanti in Parlamento si ribellano alle ripetute e clamorose violazioni dei più elementari diritti”. Un altro esponente del PD, Peppino Caldarola, anche lui dalemiano di ferro, non è da meno nella difesa di Berlusconi e si chiede: “Dov’è finito il garantismo di sinistra? Dove sono gli intellettuali? Dove sono gli Umberto Eco, i Beppe Vacca, i Biagio De Giovanni, le Rita Levi Montalcini?” ( stessa volgarità tipica di Storace, pedina di Bandana contro Fini). Nell’epoca del parlamentarismo decadente le teorie della borghesia rivoluzionaria vengono storpiate ad uso e consumo di quello che Gramsci chiamava il sovversivismo delle classi dominanti. I diritti dell’individuo, parola d’ordine con cui la borghesia rivoluzionaria portò la masse contadine e le plebi urbane alla lotta contro l’assolutismo e l’aristocrazia, viene usata per difendere i borghesi che violano le stesse leggi borghesi quando sono di ostacolo ai loro interessi. Qualora si faccia, il governo delle larghe intese si farà, anche, per assicurare l’impunità a tutti i borghesi e politicanti rinnegati che in un modo o nell’altro hanno avuto delle disavventure con loro stesse leggi. Anche noi ci poniamo una domanda: come mai gli esponenti di Magistratura Democratica non aprono bocca su quel groviglio di vicende politico-giudiziarie che vanno dal caso Forleo alle inchieste del procuratore calabrese De Dominicis su grandi flussi di denaro dall’UE alle regioni meridionali, in cui è coinvolto il boss di Ceppaloni? Se trent’anni fa Magistratura Democratica tentava di analizzare il diritto dal punto di vista della questione sociale - dopo un trentennio di capitolazione della burocrazia berlingueriana e di quella sindacale, dopo il crollo dell’Urss e dell’offensiva ideologica all’insegna del liberalismo e del liberismo - ha finito con l’assumere la difesa del formalismo della legge. Ma il formalismo delle regole che avrebbe dovuto ripulire la borghesia italiana non ha potuto nulla contro il sovversivismo delle classi dominanti. La linea del sovversivismo delle classi dominanti che Dalema aveva cercato di far adottare a tutto il centro sinistra ai tempi della bicamerale trionfa oggi nel Partito democratico, con Bertinotti a ruota. Non è un caso che quando furono rese note le intercettazioni delle telefonate tra Consorte e Dalema, a difesa di quest’ultimo si schierarono Berlusconi e Forza Italia.

E’ passato molto tempo da quando i parlamenti della borghesia rivoluzionaria francese dirigevano la guerra interna ed esterna contro l’assolutismo e l’aristocrazia e approvavano decreti per la leva di massa per quell’armata che diventò il terrore delle potenze dominanti del tempo ( dagli Asburgo ai teocrati romani) o quando Jean Paul Marat, il rivoluzionario di origine sarda, si presentava alla Convenzione con le pistole. Nell’epoca del parlamentarismo corrotto e decadente fra le principali iniziative delle forze politiche borghesi c’è quella di corrompere i partiti del movimento operaio. Nel gorgo del parlamentarismo affogano i residui dei gruppi dirigenti del PCI-PDS-DS e del PSI. Il parlamentarismo corrotto risucchia i rappresentanti dei partiti operai e questi con loro, quando la tattica parlamentare riflette la linea generale di capitolazione. Mandare in Parlamento dei rivoluzionari è una necessità del proletariato, perché oggi su questo fronte è sguarnito:

Se avete un partito veramente comunista, non temerete mai di mandare uno dei vostri uomini nel parlamento borghese, perché agirà da rivoluzionario”(Trotsky, Discorso sulla questione parlamentare al II congresso dell’Internazionale Comunista).

Sulla questione parlamentare il nostro partito dovrà assumere un’iniziativa verso quei settori del proletariato e dell’estrema sinistra che disgustati dal parlamentarismo hanno posizioni astensioniste, per spiegare che anche dentro il parlamento si può condurre un’azione rivoluzionaria, anche, denunciando le malefatte che i borghesi fanno nella loro privacy e coloro che li difendono.

sez. Sassari Partito Comunista dei Lavoratori 27/12/07


1 commento:

Anonimo ha detto...
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