lunedì 30 aprile 2007

Antonio Gramsci capo del proletariato rivoluzionario durante la prima guerra civile del 1919-1926 nello stato postunitario

Pubblichiamo un eccellente e interessante articolo su Antonio Gramsci scritto dai compagni del mPCL di Ozieri


Il Capitale di Marx fu usato, in Russia alla fine del XIX sec., da alcuni intellettuali borghesi per giustificare l’inevitabilità del capitalismo in Russia, snaturando il contenuto scientifico della critica dell’economia politica, trasformandola in una teoria dello sviluppo capitalistico per negare quello che è: la teoria delle contraddizioni immanenti del capitalismo, la cui soluzione è affidata alla rottura rivoluzionaria su scala mondiale col modo di produzione del capitale e l’attuazione di una dittatura rivoluzionaria fondata sugli organismi democratici della classe salariata. La politica di subalternità del movimento operaio dell’impero zarista alla borghesia liberale era la coerente applicazione di quello stravolgimento
La stessa operazione è stata fatta da Togliatti con Gramsci per far passare la linea di collaborazione con la borghesia, invece di rovesciarla durante la guerra civile del 1943-45. Quest’altro stravolgimento della verità storica ha raggiunto il massimo della volgarità in quei dirigenti DS che alla domanda su cosa vogliono conservare del loro patrimonio nel Partito Democratico, rispondono che conserverebbero Gramsci.
Antonio Gramsci è colui che fra i primi, in modo organico e creativo, nel Partito socialista, si schierò con la teoria della rivoluzione permanente, cioè con la linea della lotta per il passaggio di tutto il potere ai soviet nell’ex impero zarista e per la linea dell’attualità della lotta rivoluzionaria per la conquista del potere nello stato italiano e nel resto dell’Europa. Si è battuto per affermare questa linea politica contro i massimalisti e contro i riformisti. Per questo si è impegnato a fondo nella organizzazione una frazione per condurre la lotta politica al fine di dar vita al partito marxista rivoluzionario. Nel quadro dei concetti della teoria della rivoluzione permanente, cioè della lotta rivoluzionaria per il potere, Gramsci analizzò, dal 1919 fino al suo arresto, la lotta degli operai, dei contadini sardi e del Partito Sardo d’Azione (in questo contesto va posta la parola d’ordine della repubblica socialista degli operai, dei contadini, dei pastori e pescatori nel quadro della Federazione soviettista italiana e degli Stati uniti socialisti d’Europa, approvata al convegno clandestino di Is arenas -26 ottobre 1924).
“Ma quello che importa notare qui è che il concetto fondamentale dei comunisti torinesi non è stato la formula magica della divisione del latifondo, ma quello dell’alleanza politica tra operai del nord e i contadini del sud per rovesciare la borghesia dal potere di stato…noi eravamo per la formula molto realistica e per nulla magica della terra ai contadini; ma volevamo che essa fosse inquadrata in una azione rivoluzionaria generale delle due classi alleate, sotto la direzione del proletariato industriale”( Gramsci,1920). Perché le masse contadine alleate devono essere dirette dal proletariato rivoluzionario? La risposta a questa domanda costituisce uno dei due punti centrali della teoria della rivoluzione permanente. “L’esperienza storica dimostra che i contadini sono assolutamente incapaci di una funzione politica indipendente.” ( Trotsky, 1906).
La storia delle rivoluzioni che hanno liquidato definitivamente il modo di produzione feudale e la sua ultima sovrastruttura politica (l’assolutismo) comprende guerre contadine. Ma i contadini vengono diretti dalla borghesia urbana rivoluzionaria. E’ stato il governo rivoluzionario sorto dopo le due giornate insurrezionali parigine del 31 maggio e del 2 giugno 1793 a dare la terra ai contadini che la lavoravano e a fornire la truppa invincibile all’Armata repubblicana. Dove la borghesia non seppe e non volle porsi a capo di una guerra contadina, come nel “Risorgimento”, i risultati furono segnati profondamente dai compromessi che la borghesia del continente e delle due isole fece con le forze dell’ancien régime, il peso del Vaticano. In Sardegna, il partito angioyano si pose alla testa dei contadini ma, nel momento decisivo della “guerra civile temuta” (Efisio Luigi Pintor), scappò di fronte alle truppe controrivoluzionarie (Oristano 10-giugno-1794). La vittoria della controrivoluzione sabaudo fu la causa della liquidazione dall’alto del feudalesimo in Sardegna e la più completa subordinazione della borghesia sarda alla borghesia italiana e ai diversi regimi politici susseguitisi nello stato postunitario. Dove i contadini non hanno avuto per guida la borghesia

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rivoluzionaria urbana, per esempio nella Rivoluzione partenopea, diventarono la soldataglia della controrivoluzione aristocratica.
Riconoscendo che, anche, nello stato italiano si poneva all’ordine del giorno la lotta per la dittatura rivoluzionaria degli organismi democratici delle masse, Gramsci fu, fra i primi a battersi contro turatiani, per l’altro punto della teoria della rivoluzione permanente: “Senza il diretto appoggio statale del proletariato europeo, la classe operaia russa non potrà restare al potere e trasformare il suo dominio temporaneo in dittatura socialista durevole”( Trotsky, 1906).
Gramsci fu, tra i primi nell’Europa occidentale, a comprendere l’importanza assegnata da Lenin alle rivoluzioni anticoloniali nella tattica della rivoluzione socialista mondiale la cui tappa iniziale era stata la rivoluzione russa:
“In Europa, in Asia, in America, in Africa giganteggia la sollevazione popolare contro il mercantilismo e l’imperialismo del capitale che continua a generare,antagonismi, conflitti, distruzione di vite e di beni, non sazio del sangue e dei disastri di cinque anni di guerra. La lotta è sul piano mondiale: la rivoluzione non può essere più esorcizzata dai democratici truffaldini né soffocata da mercenari senza coscienza”(7-giugno-1919).
Un anno dopo la linea viene ribadita evidenziando gli effetti epocali a cui la vittoria delle rivoluzioni anticoloniali avrebbe dato luogo:
“La sollevazione coloniale può e tende a diventare un vero e proprio blocco degli Stati capitalistici dell’Europa occidentale; sottraendosi allo sfruttamento capitalistico straniero, le popolazioni coloniali priverebbero di materie prime e di viveri le borghesie industriali europee e farebbero decadere i centri di civiltà formatisi dalla caduta dell’impero romano fino ad oggi (26-giugno-1920).
Gramsci ha combattuto contro la frazione stalinista in ascesa, a differenza di Togliatti che divenne un fedele servitore di tutte le frazioni della casta burocratica succedutesi al potere in U.R.S.S. :
“Noi non sappiamo quale sia stata l’evoluzione di Gramsci nel corso degli undici anni di prigionia, ma noi possiamo affermare questo: tutta l’attività di Gramsci, tutta la sua concezione del Partito e del movimento operaio si oppone in modo assoluto allo stalinismo, alle sue canagliate politiche, alle sue falsificazioni spudorate. Uno degli ultimi atti politici di Gramsci prima del suo arresto, nel 1926, è stato quello di fare approvare dall’ufficio politico del partito,una lettera all’ufficio politico del partito russo chiedendo di contenersi di fronte al compagnoTrotsky nei limiti di una discussione fra compagni, e di non adottare i metodi che falsificassero i problemi controversi e impedissero al partito e all’internazionale di pronunciarsi con piena conoscenza di causa. Questa lettera fu approvata anche da Grieco ( Garlandi), Camilla Ravera e Mauro Scocimarro. Ma essa fu inviata su un binario morto da Ercoli (Togliati) che, essendo a Mosca e avendo scandagliato i destinatari, ha creduto meglio conservarla in tasca
Noi possiamo affermare anche che, al meno dopo il 1931, e fino al 1935, la rottura politica e morale con il partito stalinizzato era completa. La prova è data non solamente dal fatto che durante questi anni la stampa ha messo la sordina la campagna per la liberazione di Gramsci, ma anche il fatto che Gramsci era stato ufficialmente destituito ufficialmente in quanto capo del partito e che, al suo posto, era stato eretto quel clown pronto a tutto che si chiama Ercoli (Togliatti). I compagni usciti di prigione hanno comunicato ci hanno comunicato che, da due anni, Gramsci era stato escluso dal partito, esclusione che la direzione aveva deciso di tenere nascosta al meno fino a che Gramsci fosse stato nella possibilità di parlare liberamente.
E ciò al fine di poter sfruttare la personalità di Gramsci ai suoi fini. In tutti i casi, i burocrati staliniani si erano arrangiati a seppellire Gramsci politicamente prima che il regime mussoliniano lo finisse fisicamente” ( Pietro Tresso, ,dall’epitafio per Antonio Gramsci 14 maggio 1937).

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La rottura di Gramsci col partito stalinizzato si consumò sulla sciagurata teoria staliniana del socialfascismo che impedì ai partiti comunisti di conquistare la maggioranza della classe operaia tedesca, di sconfiggere Hitler e, nel contempo, porre le condizioni di una lotta rivoluzionaria delle masse per la conquista del potere in Germania. Pietro Tresso e i suoi compagni proseguiranno sulla strada di Gramsci proponendo una tattica rivoluzionaria per liquidare il regime fascista, alternativa a quella degli stalinizzati. Alla confusa parola d’ordine togliattiana dell’assemblea costituente sulla base dei comitati operai e contadini, Pietro Tresso e gli altri compagni di Gramsci opposero la linea del fronte unico ( III e IV congresso dell’Intrernazionale Comunista):
“Tra la lotta che il partito deve condurre per la instaurazione della dittatura del proletariato, e la rivendicazione d’istituti della democrazia come l’Assemblea costituente, non esiste soluzione di continuità. Né il partito può limitarsi – nel periodo che lo separa dalla lotta per il potere – ad opporre la dittatura del proletariato alla democrazia; né esso può limitarsi ad avere delle rivendicazioni democratiche parziali e isolate.
Esso dovrà incorporare nella sua politica le parole d’ordine della democrazia più ardite e condurre per queste una lotta sotto ogni punto di vista conseguente e rivoluzionario. In ciò sta l’importanza per il partito comunista di avere in questo periodo una parola d’ordine come: l’Assemblea costituente eletta con suffragio universale uguale diretto e segreto, esteso a tutti i cittadini di ambo i sessi a partire dai 18 anni.
Nel condurre la lotta per le rivendicazioni democratiche, la sola garanzia per il partito comunista di premunirsi contro tutte le deviazioni sta nel dare a questa lotta una impostazione rivoluzionaria, proletaria.
A questo fine la lotta per la Costituente dovrà unirsi da parte del partito comunista alla lotta per: 1) l’armamento degli operai e dei contadini,
2)il controllo operaio sulla industria e sulle banche,
3)la terra ai contadini,
4)l’alleanza con l’U.R.S.S.
Ciò significa che il partito comunista deve condurre una politica e nei confronti degli altri partiti che conservano una base nella classe operaia (politica del fronte unico), e nei confronti dei partiti democratici che esercitano la loro influenza sopra le masse contadine e la piccola borghesia di città (politica e rapporti di alleanza, a seconda delle circostanze, con Giustizia e libertà, il Partito Sardo d’Azione ecc.) Una tale politica esige che il partito comunista italiano faccia con la Internazionale una svolta radicale; che esso rinunci alla teoria del socialfascismo; che esso rinunci alla pratica che consiste a ‘imporre’ alla classe operaia la direzione comunista, direzione la quale invece non può che essere conquistata; che esso ritorni, in breve, alla strategia e alla tattica dei primi quattro Congressi dell’Internazionale comunista applicando il fronte unico con tutte le organizzazioni operaie di massa, utilizzando in modo sistematico l’antagonismo tra partiti democratici e fascismo e i contrasti che esistono tra i partiti democratici stessi, al fine di fare del proletariato la vera guida e forza dirigente della Rivoluzione italiana”. ( Prospettive della rivoluzione italiana e compiti tattici del Partito Comunista – risoluzione della Nuova Opposizione Italiana, frazione del P.C.I., aderente alla Opposizione di Sinistra internazionale, 15 luglio 1932)
A differenza di Togliatti che ridusse la questione sarda ad “ autonomia democratica non classista”, Pietro Tresso si mantenne dentro le coordinate marxiste della questione sarda poste da Gramsci:
“Oltre la questione delle minoranze nazionali, noi abbiamo avuto in Italia, dal 1919 al 1921, degli altri movimenti autonomisti e separatisti: I due movimenti più caratteristici furono il movimento siciliano e sardo. Quali furono i loro caratteri?
Il movimento separatista siciliano era diretto da dei grandi proprietari terrieri e dalla grande borghesia siciliana. Questo movimento voleva separarsi dall’Italia non perché intendeva
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spezzare i legami burocratici e di dipendenza con lo stato borghese italiano, ma perché temeva che la rivoluzione scoppiasse in Italia. La grande borghesia siciliana tentò di sfruttare il malcontento delle masse operaie e contadine di fronte all’oppressione della borghesia continentale e dello stato italiano per dirottarli in una lotta contro la rivoluzione proletaria italiana.
Il movimento autonomista e separatista sardo, al contrario, si proponeva di spezzare i legami con lo stato italiano perché vedeva in questo l’ostacolo maggiore alle realizzazioni delle rivendicazioni sociali e culturali delle masse popolari della Sardegna.
Il primo fu dunque un movimento puramente reazionario. Il secondo, al contrario, fu un movimento rivoluzionario democratico. Quale doveva essere il nostro orientamento di fronte ai due movimenti? Nel primo caso, bisognava smascherare il separatismo della grande borghesia siciliana quale nuovo modo di sfruttare le masse operaie e contadine della Sicilia. Nel secondo caso, bisognava dimostrare alle masse della Sardegna che il loro separatismo non poteva che condurli alla disfatta e che il loro destino era strettamente legato a quello del proletariato italiano. Per raggiungere questo risultato bisognava pertanto, nei due casi, dimostrare con i fatti, tanto alle masse operaie e contadine della Sicilia e quelle della Sardegna, che il proletariato difendeva realmente i loro interessi e le loro aspirazioni contro l’oppressione burocratica-militare e culturale sia dello stato e della borghesia italiana, sia delle cricche semi-feudali siciliane e sarde”( Marxismo e questione nazionale – 1935)


Sezione provinciale di Sassari del
Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori

29 aprile 2007

domenica 29 aprile 2007

COMUNICATO DELLA SEZIONE OLBIESE DEL mPCL SU ELEZIONI COMUNALI

Il Partito Comunista dei Lavoratori non sostiene alle prossime elezioni comunali né, ovviamente la coalizione di centrodestra, né quella di centrosinistra, entrambe rappresentanti di interessi che sono contrari a quelli dei lavoratori e delle lavoratrici, come si può chiaramente vedere dalla politica nazionale fatta di finanziarie “lagrime e sangue”, scippo di Tfr e pensioni, guerre imperialiste, aumento vertiginoso delle spese militari e politiche antipopolari; di fatto il governo di centrosinistra si rivela in perfetta continuità col precedente governo Berlusconi: permangono infatti le sue leggi vergogna (vedi legge 30), si anticipa di un anno lo scippo del Tfr, ci si appresta ad aumentare l’età pensionabile, si aumentano drasticamente i costi dei tickets sanitari, si votano le guerre imperialiste, si aumentano le spese militari mentre non si rinnovano i contratti dei lavoratori; ad aver guadagnato dalle politiche del governo di guerra Prodi-Padoa Schioppa, sono stati, come sempre, i padroni, le banche e la borghesia in generale, ovviamente a spese dei lavoratori e degli oppressi. Insomma: attacco ai diritti dei lavoratori all’interno e guerre imperialiste contro i lavoratori di altri paesi, il tutto con il sostegno delle sinistre (Prc, Pdci, Verdi, Sinistra Ds) e delle burocrazie sindacali CGIL CISL e UIL.
Non avendo avuto la possibilità, data la sua recente formazione, di candidarsi con una propria lista indipendente a tali elezioni, il PCL invita i cittadini olbiesi all’astensione elettorale (chiedendo di annullare la scheda scrivendo “Partito Comunista dei Lavoratori”), in mancanza di un’alternativa dei lavoratori e degli oppressi alle politiche della classe dominante.
Abbiamo fatto appello ai compagni di Rifondazione Comunista di Olbia, proponendo loro un accordo tecnico con una lista di sinistra, indipendente e autonoma sia dal centrodestra che dal centrosinistra, pur rimanendo all’opposizione e rifiutando qualsiasi incarico amministrativo, a condizione della loro rottura con il centrosinistra e dell’assunzione di un programma anticapitalista a difesa e a vantaggio dei lavoratori esplicato nei punti:

- Abolizione dell’ICI sulla prima casa;
- Censimento delle case sfitte. Tassazione straordinaria per quelle sfitte da oltre un anno ed eventuale espropriazione di quelle sfitte da tempo e affidamento di esse a nuclei familiari che ne necessitino, compresi quelli immigrati;
-L’introduzione di forme di canone di affitto equo commisurate al reddito;
-La riduzione dei costi dei servizi cittadini, dal trasporto pubblico con abbonamenti fortemente agevolati, all'assistenza sanitaria, al prezzo di cinema e teatri, al sostegno nell'acquisto di materiale didattico e il carattere interamente pubblico di tutti i servizi sociali;
-Soppressione dei finanziamenti a scuole o enti privati; aumento dei finanziamenti alla scuola e ai servizi pubblici;
-La Palmera, portata in crisi da una classe padronale speculatrice, deve essere nazionalizzata senza indennizzo ai proprietari e sotto controllo operaio, e i lavoratori posti in cassintegrazione devono essere ricollocati al lavoro a tempo indeterminato, così come tutte le aziende in crisi. L’amministrazione locale deve essere pronta a fornire, se si determina l’eventualità, commissioni pubbliche alle aziende autogestite dai lavoratori;

Purtroppo ci è stato dato un secco rifiuto dalla dirigenza del Prc, motivato dalla loro volontà di permanere all’interno della coalizione dell’Unione, per “accendere qualche lampadina” al suo interno. Pertanto continuiamo a far appello ai compagni onesti del Prc e delle sinistre, sostenendo che non serve permanere “criticamente” in una coalizione della borghesia, con l’utopica illusione di “spostarla a sinistra”; è tempo di costruire una sinistra classista, rivoluzionaria e internazionalista d’opposizione ai grandi interessi, e che stia fino in fondo dalla parte dei lavoratori e degli oppressi. E’ tempo di costruire l’opposizione di classe ai governi dei padroni! Ed è questo il compito che si prefigge il Partito Comunista dei Lavoratori. Pertanto, non avendo avuto l’opportunità di presentarci alle elezioni comunali, chiamiamo i lavoratori e i cittadini all’astensione elettorale, affermando che qualsiasi coalizione borghese si troverà a governare contro i lavoratori, troverà l’opposizione del PCL, e sostenendo la necessità di una vertenza che unifichi le lotte dei lavoratori su un programma di rivendicazioni anticapitalistiche, a partire dal coordinamento delle lotte dei lavoratori delle fabbriche in crisi nel Nord Sardegna (vedi Legler e Palmera) e dal rilancio in generale dell’opposizione di classe.

Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori – sezione di Olbia

pclolbia@yahoo.it
www.pclolbia.blogspot.com

sabato 28 aprile 2007

Né fascismo né liberalismo: soviettismo! di Antonio Gramsci

Pubblichiamo questo interessante scritto di Antonio Gramsci tratto da"L'Unità" del 7 ottobre 1924 che dimostra il netto contrasto esistente tra il pensiero gramsciano e quello di Palmiro Togliatti, espresso nel governo di unità nazionale con la borghesia liberale e nella "via italiana al socialismo", frutto delle politiche staliniste di collaborazione di classe. L'articolo è tratto da www.antoniogramsci.com
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Nella crisi politica di liquidazione del fascismo il blocco delle opposizioni appare sempre più come un fattore di secondario ordine. La sua composizione sociale eterogenea, le sue esitazioni e la sua avversione ad una lotta della massa popolare contro il regime fascista, riducono la sua azione ad una campagna giornalistica e a degli intrighi parlamentari che si urtano impotenti di fronte alla milizia armata del Partito fascista.
Nel movimento di opposizione al fascismo la parte più importante è passata al Partito liberale perché il blocco non ha altro programma da opporre al fascismo che il vecchio programma liberale della democrazia borghese parlamentare, il ritorno alla costituzione, alla legalità, alla democrazia. Nella discussione sulla successione al fascismo a proposito del congresso del Partito liberale, il popolo italiano è posto, dalle opposizioni, di fronte alla scelta: o fascismo o liberalismo; o un governo Mussolini di dittatura sanguinaria o un governo Salandra, Giolitti, Amendola, Turati, don Sturzo, Vella, tendente a ristabilire la buona vecchia democrazia liberale italiana sotto la cui maschera la borghesia continuerà ad esercitare il suo dominio di sfruttamento.
L'operaio, il contadino, il quale odia il fascismo che da anni l'opprime, crede dunque necessario per abbatterlo di allearsi alla borghesia liberale, di appoggiare coloro che nel passato, quand'erano al potere, hanno sostenuto e armato il fascismo contro gli operai e i contadini quali ancora pochi mesi or sono formavano un solo blocco con il fascismo e ne condividevano pienamente tutta la responsabilità dei delitti? Ed è così che si pone il problema della liquidazione del fascismo? No! La liquidazione del fascismo deve essere la liquidazione della borghesia che lo ha creato.
Quando il Partito comunista, all'indomani dell'assassinio di Matteotti, ha lanciato la parola d'ordine: "Abbasso il governo degli assassini! Scioglimento della milizia fascista!", non ha pensato che il governo degli assassini dovesse essere sostituito con un governo di coloro che con tutta la loro politica avevano aperta la via e armato gli assassini; non ho mai creduto che Giolitti, Nitti, Amendola, che erano al potere quando si è formata la milizia fascista, fossero capaci di disarmare questa milizia che così avevano favorito e armato contro la classe operaia.
Lanciando la sua parola d'ordine il nostro partito non intendeva sostituire il fascismo in fallimento con il vecchio liberalismo di cui la marcia su Roma aveva segnato il fallimento obbrobrioso e la definitiva liquidazione. Il Partito comunista dal principio della crisi del fascismo ha affermato che la classe operaia e contadina ne doveva essere il becchino e il successore al potere.
Per vincere il fascismo è necessaria l'azione della massa del proletariato industriale e dei contadini; la lotta di classe con tutte le conseguenze. Il proletariato potrà e dovrà senza dubbio utilizzare nella sua lotta contro il fascismo le opposizioni e le lotte che si sono sviluppate nel seno della borghesia e della piccola borghesia, ma senza l'azione diretta il fascismo non potrà mai essere abbattuto. Porre così il problema era, nel tempo stesso, porre chiaramente la questione della successione al fascismo. Vinto il fascismo dall'azione delle masse operaie e contadine, il liberalismo non ha nulla a che fare nella successione; questo diritto appartiene al governo degli operai e dei contadini che solo sarà capace ed avrà la sincera volontà di disarmare la milizia fascista, armando la classe operaia ed i contadini.
Nell'ora attuale si tratta di ben altro che di ritorno alla Costituzione, di democrazia e di liberalismo. Sono queste ultime delle parole melliflue che la borghesia cerca di far ingoiare ai lavoratori della città e della campagna per evitare che la crisi acquisti il suo vero carattere, cioè di rivincita degli operai e dei contadini contro il fascismo che li ha soppressi e contro il liberalismo che li ha ingannati e che, ancor mesi or sono, collaboravano o cercavano di collaborare (D'Aragona, Baldesi, ecc.) con Mussolini.
La crisi italiana non può essere risolta che coll'azione delle masse lavoratrici. Sul terreno degli intrighi parlamentari non vi è possibilità di liquidazione del fascismo, ma solo di un compromesso che lascia padrona la borghesia ed il fascismo armato al suo servizio. Il liberalismo, anche se innestato delle glandole della scimmia riformista, è impotente. Appartiene al passato. E tutti i don Sturzo d'Italia, uniti a Turati e a Vella, non riusciranno a rendergli la giovinezza necessaria alla liquidazione del fascismo.
Un governo di classe di operai e di contadini, che non si preoccupa né della Costituzione, né dei sacri principi del liberalismo, ma che è deciso a vincere definitivamente il fascismo, a disarmarlo e a difendere contro tutti gli sfruttatori gli interessi dei lavoratori della città e della campagna; ecco la sola forza giovane capace di liquidare un passato di oppressione, di sfruttamento e di delitti e di dare un avvenire di vera libertà per tutti coloro che lavorano.
Oggi il Partito comunista è il solo a ripetere queste verità al proletariato. La sua influenza si accresce; la sua organizzazione si sviluppa, ma la maggioranza degli operai e contadini, trascinata dalla Confederazione del lavoro, dal Partito massimalista, a loro volta a rimorchio delle opposizioni costituzionali, non ha ancora riacquistato la propria coscienza di classe; non ha compreso che la classe operaia e contadina è il principale fattore della crisi, perché è il numero irresistibile e la grande forza giovane, e che se non vuole illudersi, deve agire sul terreno della lotta di classe come una forza indipendente, che sarà presto determinante, e non sul terreno della collaborazione di classe per cambiare soltanto la maschera alla borghesia italiana.
Il compito essenziale del nostro Partito consiste nel far penetrare fra gli operai e i contadini queste idee fondamentali: Soltanto la lotta di classe delle masse operaie e contadine vincerà il fascismo. Soltanto un governo di operai e di contadini è capace di liquidare il fascismo e di sopprimerne le cause. Soltanto l'armamento degli operai e dei contadini potrà disarmare la milizia fascista. Quando queste verità essenziali saranno penetrate nello spirito della massa operaia e contadina per mezzo della nostra instancabile propaganda, i lavoratori delle officine e dei campi, a qualunque partito appartengano, comprenderanno la necessità di costituire i Comitati operai e contadini per la difesa dei loro interessi di classe e per la lotta contro il fascismo.
Essi comprenderanno che questi sono gli strumenti necessari della lotta rivoluzionaria e della loro volontà di sostituire il governo degli assassini con un governo degli operai e dei contadini. Nel momento in cui si chiude il Congresso liberale che cerca ancora una volta d'ingannare il popolo lavoratore, da un capo all'altro dell'Italia, gli operai ed i contadini rispondano alle sue chiacchiere sonore e vuote: Né fascismo né liberalismo: soviettismo!

In ricordo di Antonio Gramsci


In ricordo di un grande marxista rivoluzionario che ha dato la vita per la causa comunista, il cui pensiero è stato oggetto di revisione sia da parte degli ideologi borghesi, sia da parte dell'opportunismo stalinista. Noi lo ricordiamo per quello che era, un grande rivoluzionario.




"Io non voglio fare né il martire nè l'eroe.
Credo di essere semplicemente un uomo medio,
che ha le sue convinzioni profonde,
e che non le baratta per niente al mondo."
(Lettera al fratello Carlo, 12 Settembre 1927)
A.Gramsci





"Sa die de sa Sardigna",
28 Aprile 2007
in onore e in ricordo di
Antonio Gramsci





Partito Comunista dei Lavoratori (Mc-PCL) - Sezione di Olbia


Sito Internet: http://www.pclavoratori.it http://www.pclsardegna.org
E-mail: pclolbia@yahoo.it http://www.pclolbia.blogspot.com

giovedì 5 aprile 2007

TELECOM: NAZIONALIZZAZIONE È SOLUZIONE A SCANDALO

Comunicato mcPCL nazionale
(4 aprile 2007)


L'unica vera soluzione di questo scandalo è la nazionalizzazione della Telecom: senza indennizzo perché di soldi ne hanno già presi a sufficienza; e sotto il controllo dei lavoratori, a piena tutela dell'occupazione. Ogni altra soluzione sarebbe una truffa per i lavoratori e un regalo di Pasqua a Pirelli di quasi 4 miliardi di euro. È ora di una sinistra vera che abbia il coraggio di rompere con le regole del gioco del capitalismo e col governo che le protegge. La privatizzazione della telefonia realizzata dal centrosinistra dieci anni fa si è rivelata un gigantesco business a esclusivo vantaggio di ''capitani'' ben poco ''coraggiosi'': i quali hanno ricevuto in dono beni pubblici, grazie alla compiacenza delle banche, per poi venderli, smembrarli e rivenderli senza sosta ai migliori speculatori del momento, al solo scopo di incassare ingenti fortune e pagare i debiti di ''gioco''. È incredibile che oggi un avventuriero come Tronchetti Provera, oltre tutto indagato di fatto assieme ai vertici Telecom per attività illegali, possa tranquillamente continuare il suo spericolato gioco finanziario, con la benedizione di centrodestra e centrosinistra, e a scapito di lavoratori e consumatori.

mercoledì 4 aprile 2007

NAZIONALIZZAZIONE SENZA INDENNIZZO CONTRO LA POLITICA DEL GOVERNO PRODI-PADOA SCHIOPPA

Il borghese Padoa Schioppa, ministro dell’economia di Prodi, ha annunciato nuovi licenziamenti e l’aumento del costo dei biglietti nelle ferrovie italiane.
Il borghese Padoa Schioppa vuole scaricare la bancarotta delle ferrovie italiane gestite dal borghese Innocenzo Cipolletta sui lavoratori e sulla collettività.
Dopo le politiche liberiste di ristrutturazione delle FS questi sono stati i risultati:
quasi 2 miliardi di euro di debiti, 118mila dipendenti licenziati negli ultimi 20 anni, aumento dei disastri ferroviari, aumento del costo dei biglietti, servizi peggiori.
I sardi misurano ogni giorno questo fallimento nel viaggio snervante di ore che devono compiere per raggiungere da un estremo all’altro l’Isola.
Debiti, licenziamenti e aumenti dei costi sono stati il destino di tutte le imprese pubbliche privatizzate o semiprivatizzate: la Telecom , l’Alitalia, le Aziende sanitarie, sono tra i casi più noti.
Ovunque le privatizzazioni sono state un affare lucrosissimo e a buon mercato per le speculazioni, le malversazioni e le truffe al patrimonio pubblico compiute dalla borghesia dello stato italiano, e per i suoi manager che si sono solo aumentati stipendi e buone uscite d’oro. Mentre i lavoratori e le loro famiglie sono stati gettati nella miseria, gli utenti hanno solo visto aumentare i costi, i disagi, ed il patrimonio pubblico la crisi e l’indebitamento delle società.
Dopo ciò, dove trovano il coraggio di mostrare la propria faccia in giro Fassino, D’Alema o il ministro dell’industria Bersani, che, a sinistra, hanno sempre esaltato ed ancora propongono le privatizzazioni!
I lavoratori dei settori pubblico e privato devono unire le loro forze per impedire il tentativo del governo Prodi di scaricare le perdite della borghesia sulla collettività.
L’unità in Sardegna deve partire da un coordinamento regionale delle lotte dei lavoratori del settore pubblico con quelli delle fabbriche in crisi.
La soluzione ai disastri causati alla nostra società dal capitalismo e dalla gestione parassitaria della borghesia può venire solo da un programma che rivendichi :
· La nazionalizzazione senza indennizzo di tutte le imprese in crisi e la rinazionalizzazione delle imprese pubbliche privatizzate, con l’instaurazione del controllo operaio;
· Il blocco dei licenziamenti, nuove assunzioni, e la trasformazione di tutti i contratti precari e a termine in contratti a tempo indeterminato;
· La costituzione, in tutte le imprese in crisi, di commissioni operaie inquirenti dotate di ogni potere necessario per procedere all’accertamento ed alla persecuzione dei responsabili, ed alla restituzione di tutto il patrimonio pubblico depredato;
· Il blocco di ogni nuovo tentativo di privatizzazione a partire dal d.d.l. Lanzillotta;
· La gratuità ed il potenziamento di tutti i servizio pubblici di trasporto pagati con i profitti della borghesia, nascosti nei suoi conti esteri, e con i miliardi che lo stato italiano butta ogni anno nelle missioni militari contro i popoli del Kossovo, Libano ed Afghanistan.

Movimento costitutivo del
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Sezione provinciale di Sassari
pcl_sezioneozieri@yahoo.it