domenica 24 giugno 2007

Le preoccupazioni di Fabio Mussi. Ai compagni e alle compagne di Sinistra democratica in Sardegna

di Gianfranco Camboni (sezione di ozieri del mPCL)
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Fabio Mussi è rimasto “impressionato” perché è stato definito “ministro estremista” insieme a Pecoraio Scanio, Ferrero e Bianchi e, pure, “irriducibile”. Mussi da togliattiano qual è sa bene quali siano i messaggi che porta con sé un’accusa del genere: o ti metti in riga oppure ti isoliamo, e se non capitoli ti cacciamo. A Prodi, a Padoa Schioppa e a Dini, il rifiuto di Mussi e Salvi di aderire al P.d. non piace per nulla, perché non rende rapidi i tempi delle decisioni da prendere a vantaggio della borghesia. Per i capitalisti grandi e piccoli i tempi delle decisioni politiche sono determinati dai tempi della concorrenza. Ecco perché la borghesia preferisce regimi politici in cui il potere esecutivo prevale su quello legislativo fino ad arrivare a regimi di “stato forte”, dal bonapartista al fascista, quando le circostanze della lotta di classe interna ed internazionale lo richiedono.
Oltre che “impressionato” dall’accusa di”estremismo”, Mussi prova dell’ “inquietudine” di fronte ai richiami all’ordine di Montezemolo, ed è per questa “inquietudine” che Mussi condivide quanto ha affermato, all’Unità, Epifani che “sente aria da 1919” e paragona gli industriali di oggi agli agrari padani che finanziarono per primi lo squadrismo. Mussi negli attacchi di Montezemolo al sindacato riscontra “l’idea di un blocco proprietario che attrae i consensi popolari. Oggi c’è una sommossa dei ricchi è il disicanto dei poveri. E Montezemolo suona la carica”. Certamente Epifani, che “sente l’aria da 1919” è la persona meno indicata per purificare l’ambiente dall’aria diciannovista che dice di sentire.
Guglielmo Epifani ha rivendicato e rivendica sempre il filo politico-teorico che lo lega al socialista Bruno Buozzi che nel biennio rosso era il massimo dirigente della CGL (l’allora CGIL). B. Buozzi egli altri dirigenti della Cgl hanno la responsabilità storica di aver lavorato per conto dell’allora presidente del consiglio Giovanni Giolitti, al fine di impedire al movimento di occupazione delle fabbriche di lanciarsi nella conquista rivoluzionaria dello stato. Il risultato della mancata conquista del potere fu quello di spianare la strada al fascismo: “Il fascismo è la rivincita, la vendetta attuata dalla borghesia per il panico vissuto nel settembre del 1920, e nello stesso tempo è una lezione tragica per il proletariato italiano, una lezione su ciò che deve essere un partito politico, centralizzato, unito e con le idee chiare. Un partito che deve essere cauto nella scelta delle condizioni, ma anche risolutamente deciso nell'applicazione dei metodi necessari nell'ora decisiva” (Trotsky). Bruno Buozzi fu tra coloro che maggiormente avversarono Gramsci ed Epifani in un suo scritto giovanile su Buozzi prende le parti di questo. Al contrario dei riformisti e dei massimalisti del PSI, Gramsci, nel maggio del 1920, dava questo giudizio sullo stato dei rapporti di forza in quel momento: “la fase attuale della lotta di classe in Italia è la fase che precede: o la conquista del potere politico da parte del proletariato rivoluzionario….o una tremenda reazione da parte della classe proprietaria e governativa. Nessuna violenza sarà trascurata per soggiogare il proletariato industriale e agricolo a un lavoro servile”. Le responsabilità di Buozzi e degli altri dirigenti socialisti (insieme purtroppo ai Bordiga) fu quella di aver sconfessato l’organizzazione militare proletaria degli Arditi del popolo che con una direzione centralizzata e obiettivi politici ben definiti avrebbe liquidato lo squadrismo. Gli Arditi del popolo avevano una struttura militare estesa su tutto il territorio dello stato, 144 sezioni per un totale di 20.000 unità. Nell’estate del 1922, nella battaglia di Parma cacciarono via da Parma i diecimila squadristi guidati da italo Balbo per dare un colpo definivo al movimento operaio di quella regione. Il mancato rovesciamento del governo liberale di Giolitti, per sostituirlo con la dittatura del proletariato rivoluzionario è stata la causa del fascismo.
Riguardo alle ultime uscite di Montezemolo Mussi ha detto che se gli sono “scappate è freudiano”. Questa considerazione su Montezemolo vale per lo stesso Mussi.
Se Mussi si vuole liberare dall’inquietudine non ha che una sola strada quella di rompere con Prodi per due ragioni:1) perché la politica del governo dell’Unione fa gli interessi di tutta la borghesia, da Berlusconi a Montezemolo; 2) perché il governo dell’Unione spiana la strada alla vittoria della destra come è già successo nel 2001.
Di certo la tenacia con cui Mussi difende l’attaccamento al “socialismo europeo”, non lo agevola nella formazione di una volontà a rompere con Prodi e il centro liberale dell’Unione, per la lunga storia di tradimenti e di viltà che contraddistingue “il socialismo europeo”. “Bisogna avere il coraggio di essere vili” fu il moto del gran capo dei riformisti, Turati, di fronte al fascismo trionfante.
Ai compagni e alle compagne che vedono in Sinistra democratica uno strumento utile per il movimento operaio diciamo: avete rotto con D’Alema e Fassino perché vanno nello stesso partito il cui artefice è Prodi e poi non rompete con Prodi stesso? Certamente per voi è una scelta difficile, soprattutto per quei militanti di Sinistra democratica che sostengono che le ragioni della nascita dell’Internazionale comunista sono proprie del XX secolo e ora vanno superate. Questi compagni, sicuramente per un difetto di conoscenza, riguardo a quelle divisioni, parlano di scissioni attribuendole a quei marxisti rivoluzionari che diedero vita all’Internazionale comunista. La realtà è un’altra: la scissione la fecero tutti quei capi e parlamentari socialisti francesi, inglesi e tedeschi che sostennero la prima guerra imperialista mondiale guerra imperialista, tradendo i deliberati dei congressi di Stoccarda(1907) e Basilea(1912) in cui si dichiarava l’opposizione con tutti i mezzi possibili ai governi guerrafondai, e qualora la guerra si facesse trasformare il malcontento popolare prodotto dalla guerra in lotta per rovesciare il proprio governo che faceva la guerra. Lenin fra dirigenti della Seconda Internazionale, l’Internazionale operaia socialista, fu il più coerente nell’eseguire quei deliberati del 1907 e del 1912: “trasformare la guerra imperialista in guerra civile”.
Chiediamo ai compagni e alle compagne di Sinistra democratica di andare sino in fondo con la scelta di abbandonare D’Alema e Fassino al loro destino di socialtraditori: rompete con Prodi e con il centro dell’Unione, fate con noi l’opposizione di sinistra perché questa è l’unica strada per diventare maggioritari e invertire la rotta.


Gian Franco Camboni sez.Ozieri del Partito Comunista dei Lavoratori 24/06/07

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