L’alternativa e’ il Partito Comunista dei Lavoratori
In linea con la direzione centrale del PRC, che in cambio della presidenza della camera dei deputati e di diversi posti di sottogoverno viene meno,anche, ai suoi velleitari propositi di essere il “presidio del programma dell’Unione”, anche alla direzione sarda del PRC basta poco per venir meno ai suoi velleitari propositi di critica alla controriforma presidenzialista dello statuto regionale: la riconferma di un assessorato per fare gli agenti della borghesia.
Anche l’opportunismo dei dirigenti del PRC affonda le sue radici, come più in generale delle direzioni socialdemocratiche, staliniste e poststaliniste, nei privilegi di quel settore della classe dei salariati che in cambio delle briciole concesse loro dall’imperialismo lo sostengono.
L’opportunismo si manifesta nell’abbandono di alcuni principi del socialismo scientifico - che sono validi per tutta l’epoca delle rivoluzioni sociali, fino all’abbattimento del modo di produzione capitalista su scala planetaria – in nome di un presunto realismo politico o di chissà quali modificazioni strutturali del capitalismo che periodicamente vengono enfatizzate.
Al V congresso dell’Internazionale operaia socialista, più nota come II Internazionale, il dirigente socialista francese Jules Guesde presentò una mozione contraria alla partecipazione dei socialisti a ogni governo borghese, anche a quello più democratico:
“il quinto congresso internazionale, riunito a Parigi, ricorda che, per conquista dei poteri pubblici bisogna intendere l’espropriazione politica della classe capitalistica, che questa espropriazione si verifichi pacificamente o violentemente. Essa non lascia posto di conseguenza, in regime borghese, che all’occupazione delle posizioni elettive di cui il partito abbia potuto impadronirsi con le sue proprie forze, cioè dei lavoratori organizzati in partito di classe, e vieta necessariamente ogni partecipazione socialista ai governi borghesi, contro i quali i socialisti devono restare allo stato di opposizione irriducibile”.
Da quando le direzioni del movimento operaio hanno abbandonato questa strada, la loro storia è stata ed è quella di una progressiva degenerazione politica e morale ( di certo, il moralismo da grigio funzionario di partito proprio di E. Berlinguer non fu un antidoto; e fu contraddittorio esibire “le mani pulite” e adottare la politica “delle larghe intese” con la DC negli enti locali, politica con cui si fecero le ossa i vari Gavino Angius e Renato Cugini, tanto per citare dei nomi noti).
Il PSI, il primo partito operaio nello stato italiano che seppe rifiutare gli inviti di Giovanni Giolitti, il “ministro della malavita”, ha concluso la sua esistenza nelle aule dei tribunali. Il PCI- PDS-DS ha coronato il suo sogno governista con la merda del caso Unipol-Consorte e gli abboccamenti con i “furbetti del quartiere”.
L’antidoto a questa degenerazione non è costituito da quella vasta schiera di individui che confondono il tempo della loro esistenza individuale con il tempo delle epoche storiche e di conseguenza confondono sconfitte parziali, peraltro previste, con sconfitte epocali. Coloro che avevano identificato lo stato operaio degenerato e gli stati operai deformati con la dittatura del proletariato rivoluzionario e che dal mito di Stalin, o in scala minore di Togliatti, passavano a quello di Mao e che oggi perdono la testa per Chavez o per la mitologia del “socialismo del XXI”, sono andati e andranno incontro a verifiche brucianti. Invece di rivedere le loro mitologie, passano dalla depressione all’accettazione dell’esistente, oppure si fanno sostenitori di una “sinistra senza aggettivi”, che pure un democratico rivoluzionario del XIX sec. considererebbe esangue e priva di nervi.
Alla lunga e maleficiente agonia del capitalismo si può metter fine costruendo l’internazionale e i partiti del proletariato rivoluzionario. Oggi, come ai tempi di Lenin, di Trotsky e di Gramsci, questa costruzione passa attraverso una lotta inflessibile contro gli opportunisti, gli scettici, i depressi e i minimalisti che non conoscono alcun limite al minimo.
PS. Subito dopo la stesura di questo testo, abbiamo appreso dai telegiornali che il ministro Emma Bonino aveva presentato le dimissioni. Questo fatto contribuisce a rafforzare la tesi della caduta a sinistra del governo Prodi. Non si può lasciare alla Destra il vantaggio di far cadere il governo dell’Unione.
Sezione provinciale di Sassari-Partito Comunista dei Lavoratori 16/O7/07
In linea con la direzione centrale del PRC, che in cambio della presidenza della camera dei deputati e di diversi posti di sottogoverno viene meno,anche, ai suoi velleitari propositi di essere il “presidio del programma dell’Unione”, anche alla direzione sarda del PRC basta poco per venir meno ai suoi velleitari propositi di critica alla controriforma presidenzialista dello statuto regionale: la riconferma di un assessorato per fare gli agenti della borghesia.
Anche l’opportunismo dei dirigenti del PRC affonda le sue radici, come più in generale delle direzioni socialdemocratiche, staliniste e poststaliniste, nei privilegi di quel settore della classe dei salariati che in cambio delle briciole concesse loro dall’imperialismo lo sostengono.
L’opportunismo si manifesta nell’abbandono di alcuni principi del socialismo scientifico - che sono validi per tutta l’epoca delle rivoluzioni sociali, fino all’abbattimento del modo di produzione capitalista su scala planetaria – in nome di un presunto realismo politico o di chissà quali modificazioni strutturali del capitalismo che periodicamente vengono enfatizzate.
Al V congresso dell’Internazionale operaia socialista, più nota come II Internazionale, il dirigente socialista francese Jules Guesde presentò una mozione contraria alla partecipazione dei socialisti a ogni governo borghese, anche a quello più democratico:
“il quinto congresso internazionale, riunito a Parigi, ricorda che, per conquista dei poteri pubblici bisogna intendere l’espropriazione politica della classe capitalistica, che questa espropriazione si verifichi pacificamente o violentemente. Essa non lascia posto di conseguenza, in regime borghese, che all’occupazione delle posizioni elettive di cui il partito abbia potuto impadronirsi con le sue proprie forze, cioè dei lavoratori organizzati in partito di classe, e vieta necessariamente ogni partecipazione socialista ai governi borghesi, contro i quali i socialisti devono restare allo stato di opposizione irriducibile”.
Da quando le direzioni del movimento operaio hanno abbandonato questa strada, la loro storia è stata ed è quella di una progressiva degenerazione politica e morale ( di certo, il moralismo da grigio funzionario di partito proprio di E. Berlinguer non fu un antidoto; e fu contraddittorio esibire “le mani pulite” e adottare la politica “delle larghe intese” con la DC negli enti locali, politica con cui si fecero le ossa i vari Gavino Angius e Renato Cugini, tanto per citare dei nomi noti).
Il PSI, il primo partito operaio nello stato italiano che seppe rifiutare gli inviti di Giovanni Giolitti, il “ministro della malavita”, ha concluso la sua esistenza nelle aule dei tribunali. Il PCI- PDS-DS ha coronato il suo sogno governista con la merda del caso Unipol-Consorte e gli abboccamenti con i “furbetti del quartiere”.
L’antidoto a questa degenerazione non è costituito da quella vasta schiera di individui che confondono il tempo della loro esistenza individuale con il tempo delle epoche storiche e di conseguenza confondono sconfitte parziali, peraltro previste, con sconfitte epocali. Coloro che avevano identificato lo stato operaio degenerato e gli stati operai deformati con la dittatura del proletariato rivoluzionario e che dal mito di Stalin, o in scala minore di Togliatti, passavano a quello di Mao e che oggi perdono la testa per Chavez o per la mitologia del “socialismo del XXI”, sono andati e andranno incontro a verifiche brucianti. Invece di rivedere le loro mitologie, passano dalla depressione all’accettazione dell’esistente, oppure si fanno sostenitori di una “sinistra senza aggettivi”, che pure un democratico rivoluzionario del XIX sec. considererebbe esangue e priva di nervi.
Alla lunga e maleficiente agonia del capitalismo si può metter fine costruendo l’internazionale e i partiti del proletariato rivoluzionario. Oggi, come ai tempi di Lenin, di Trotsky e di Gramsci, questa costruzione passa attraverso una lotta inflessibile contro gli opportunisti, gli scettici, i depressi e i minimalisti che non conoscono alcun limite al minimo.
PS. Subito dopo la stesura di questo testo, abbiamo appreso dai telegiornali che il ministro Emma Bonino aveva presentato le dimissioni. Questo fatto contribuisce a rafforzare la tesi della caduta a sinistra del governo Prodi. Non si può lasciare alla Destra il vantaggio di far cadere il governo dell’Unione.
Sezione provinciale di Sassari-Partito Comunista dei Lavoratori 16/O7/07
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